La magistratura mette in crisi l’ultimo decreto migranti. A soli cinque giorni dell’inaugurazione del nuovo centro di Modica-Pozzallo (Ragusa), destinato al trattenimento per quattro settimane dei richiedenti asilo, i primi ospiti sono già fuori. E senza pagare i 5mila euro.
Così ha disposto il giudice Iolanda Apostolico della sezione immigrazione del tribunale di Catania ritenendo che il trattenimento sia illegittimo, in contrasto con la superiore normativa europea che esclude che un richiedente asilo possa essere trattenuto senza specifica motivazione solo perché arriva da un Paese sicuro, e ha bocciato la richiesta di cauzione in cambio della libertà – cauzione da 4.938 da versare con fideiussione bancaria individuale entro il momento del fotosegnalamento – prevista da un decreto attuativo pubblicato in Gazzetta ufficiale la scorsa settimana. Il Tribunale ha ritenuto che trattenere chi chiede protezione senza effettuare una valutazione su base individuale e chiedendo una garanzia economica come alternativa alla detenzione è illegittimo alla luce della giurisprudenza e della normativa nazionale e dell’articolo 10 della Costituzione italiana. Il giudice ha così accolto accogliendo il ricorso presentato dai legali di quattro profughi tunisini ospiti del centro di Pozzallo, ordinando che tre di loro (il quarto avrebbe ritirato la domanda) vengano rimessi in libertà.
Dal Viminale promettono battaglia legale. Il ministero dell’Interno impugnerà il provvedimento del Tribunale di Catania che ha negato la convalida del trattenimento di un migrante irregolare: "La fondatezza dei richiami giuridici contenuti nel provvedimento sarà quindi sottoposta al vaglio di altro giudice. La procedura accelerata di frontiera – si osserva – è uno degli aspetti che, già contenuto nella direttiva europea 201333UE, trova oggi l’unanime consenso dei Paesi europei nell’ambito del costruendo nuovo Patto per le migrazioni e l’asilo e che il governo italiano ha disciplinato nel decreto Cutro".
Relativamente a due dei provvedimenti di non convalida del trattenimento si tratta di due cittadini tunisini destinatari di provvedimenti di espulsioni già eseguiti (ciò nonostante rientrati nel territorio italiano) che nel corso dell’udienza per la convalida, come recita la sentenza, hanno invocato in un caso la protezione per la necessità di "fuggire perché perseguitato per caratteristiche fisiche che i cercatori d’oro del suo Paese, secondo credenze locali, ritengono favorevoli delle loro attività (particolari linee della mano)". Nell’altro "per dissidi con i familiari della sua ragazza i quali volevano ucciderlo ritenendolo responsabile del decesso di quest’ultima". Un terzo ha detto di aver lasciato la Tunisia "perché mia moglie è spesso incinta, per tre volte ha partorito ma per mancanza di adeguate cure ospedaliere i neonati non sono sopravvissuti. Nel mio Paese le cure sono a pagamento e così ho deciso di partire, mentre mia moglie è rimasta in Tunisia con un figlio". Il progetto era chiaramente quello di avere l’asilo e poi portarla in Italia. Il quarto migrante ha invece detto di essersi allontanato dal Paese di origine "per questioni essenzialmente economiche e per le minacce che aveva ricevuto da alcuni creditori".
Dopo il provvedimento del Tribunale di Catania, resta da vedere l’esisto del ricorso del Viminale e nel frattempo capire quale sarà l’orientamento di altri tribunali nel caso di ricorsi di migranti richiedenti asilo provenienti dai Paesi cosiddetti sicuri come la Tunisia. Se l’orientamento fosse lo stesso si rischierebbe la neutralizzazione del decreto Cutro in uno dei suoi punti più delicati. Non sarebbe la prima volta che la magistratura interviene in materia contro misure securitarie. E politicamente sarebbe una bomba.