Roma, 21 agosto 2024 – Dare o no la cittadinanza ai figli di immigrati che hanno completato un percorso di studi: questo è il problema per la maggioranza. Tajani è a favore dello ius scholae, Salvini assolutamente contrario nel merito e nella forma. Tra i i due litiganti, si piazza il ministro dell’Interno, Matteo Piantedosi: sostanzia – cifre alla mano – pensieri e parole del leader leghista. "L’Italia è il paese che ha concesso più cittadinanze in Europa – spiega – nel 2023 hanno sfiorato i 200.000, nel 2022 gli stranieri che sono diventati italiani sono stati 213.716". Partendo dal principio che è giusto parlare di come "rendere cittadini i nostri migranti" dal palco del Meeting di Rimini avverte: "Se ne deve discutere senza condizionamenti ideologici". Usa toni decisamente più diplomatici del Capitano, ma dal Viminale assicurano che la pensa assolutamente come lui: è contrario allo ius scholae. "In fin dei conti – chiosa Piantedosi – nell’attuale ordinamento c’è uno spunto di ius soli: chi nasce qui e vi risiede al diciottesimo anno diventa italiano".
È difficile però credere che bastino le nude cifre a fermare Tajani. Sono dieci giorni in fondo che Salvini va ripetendo che "siamo il Paese europeo che concede più cittadinanze ai migranti", e da dieci giorni Tajani insiste "i tempi sono maturi per lo ius scholae", fino a ventilare l’ipotesi di un voto con la sinistra: "Se il Pd si dice d’accordo con me, non posso essere io a cambiare idea". Sulla carta gli estremi per uno scontro frontale nella maggioranza sembrerebbero esserci tutti. "Se si arrivasse al voto, cadrebbe il governo. Tajani bluffa", taglia corto Matteo Renzi. Di certo, la realtà è meno aspra di quanto appare. Si tratta di una materia parlamentare e non di governo e questo ha un risvolto concreto, ovvero tempi lunghi se non lunghissimi. Prima di affrontare il testo che Forza Italia è intenzionata a presentare alla ripresa dei lavori, c’è da mettere giù la manovra – lo stesso vicepremier forzista assegna la priorità all’economia – poi ci sono vari decreti da convertire, c’è il referendum sull’autonomia, in mezzo ci sono le elezioni regionali. "Per noi il tema è importante, ma siamo consapevoli che non è la priorità", riassume umori comuni nel partito il vicepresidente della Camera, Giorgio Mulè. Prima che si arrivi al redde rationem passerà del tempo e a quel punto non è affatto detto che FdI scelga di restare vincolata alla Lega: "Noi non abbiamo un approccio dogmatico né preconcetto sulla legge sulla cittadinanza, ma entreremo nel merito quando e qualora ci sarà una proposta di legge scritta, per valutarla", dichiara il vicecapogruppo vicario dei senatori Raffaele Speranzon.
Questo però ha senso solo finché si resta nel perimetro fondamentale ma circoscritto della cittadinanza agli immigrati. Però le mosse di Tajani, ispirate se non dettate dalla famiglia Berlusconi, hanno un raggio più ampio. Mirano cioè a mettere in campo un progetto che sfida il resto della destra su terreni identitari come l’immigrazione e la sicurezza. E a proposito di sicurezza, i tempi dovranno invece essere molto più brevi.
Perché se è vero che tutti concordano sull’urgenza di un provvedimento sulle carceri, è anche vero che sul provvedimento le opinioni nella maggioranza sono non diverse ma antagoniste. "Bisogna garantire la dignità dei detenuti e la sicurezza del personale", chiarisce il portavoce di FI, Raffaele Nevi. Il quesito dunque è fino a che punto la famiglia Berlusconi voglia smarcarsi dal resto della maggioranza. Ma è una domanda alla quale risponderà solo il tempo.