Sabato 27 Luglio 2024
ANTONELLA COPPARI
Politica

Centrodestra unito nella Ue "Difficile riproporre schemi italiani"

Il politologo Orsina: gli equilibri si sposteranno, i partiti della coalizione Ursula avranno molti seggi in meno "Ma per creare un’alleanza vincente tra popolari, conservatori e sovranisti servono anche i voti dei liberali".

Giovanni Orsina

Giovanni Orsina

Il centrodestra unito al governo dell’Unione europea. Professore Giovanni Orsina, è una suggestione realistica quella di Salvini?

"Mi sembra molto complicato riproporre in Europa la stessa maggioranza che c’è in Italia. E dunque, l’alleanza tra Popolari, Conservatori e il gruppo di Identità e democrazia", risponde lo storico e politologo, direttore della School of Government dell’Università Luiss Guido Carli.

Perché non le pare praticabile questa proposta?

"Intanto, servono anche i voti dei liberali per un’ipotesi del genere. Ma soprattutto, quando si parla di Europa non si può ragionare con gli stessi criteri che si usano per la politica nazionale. A Bruxelles non c’è bisogno di costruire un governo di coalizione, c’è bisogno di raccogliere un voto di maggioranza sul candidato alla presidenza della Commissione, sul quale possono convergere anche forze politiche molto diverse".

Quindi è un’idea destinata a cadere nel vuoto?

"Fino a un certo punto. In Europa non c’è un sistema maggioritario, bianco vince nero perde o viceversa. Immaginare un’Europa guidata da destra mi sembra del tutto irrealistico, immaginare invece che gli equilibri si spostino in una certa misura verso destra è possibile. Considerando la complessità del sistema di governo dell’Unione, non è proponibile dire ’cambieremo tutto’, ma realisticamente i leader del centrodestra potrebbero chiedere agli elettori il voto per spostare l’Europa più vicina alle posizioni che governano oggi in Italia. Secondo gli ultimi sondaggi, dopo le elezioni del 2024 liberali, socialisti e popolari avranno varie decine di seggi in meno rispetto al parlamento attuale. Questo apre spazi di manovra per Giorgia Meloni e forse perfino per Salvini".

Oggi Salvini incontra a Roma Marine Le Pen. Non è irrealistico immaginare un confronto con un partito alleato con il Rassemblement National?

"Sì, se si ragiona nei termini della formazione di un governo nazionale, meno se pensiamo a come funzionano le cose in Europa. A un certo punto ci sarà un candidato alla presidenza della Commissione che dovrà prendere 374 voti (50% dei membri più uno) e si aprirà un negoziato. Non dico che sarà facile per la Lega parteciparvi, ma non è detto che sia impossibile. Dipenderà ovviamente anche dai numeri. Nel luglio del 2019, nella maggioranza che votò Ursula von der Leyen entrarono i 5 Stelle. Nel febbraio di quello stesso anno, ossia pochi mesi prima, Luigi Di Maio aveva incontrato uno dei leader dei ’gilet gialli’ in Francia. Insomma, in quel momento i 5 Stelle erano più che radioattivi. Ma non è che i loro voti siano stati rifiutati…".

Il partito di Macron è una presenza importante nel panorama del centrodestra europeo, ma un dialogo ora con Meloni e Salvini sembra impossibile.

"Oggi il problema di Macron è Marine Le Pen. La vittoria di Giorgia Meloni, e la stabilità del suo governo, vengono viste dal presidente francese come una sorta di legittimazione indiretta a Le Pen. Ma pure su questo terreno le elezioni europee saranno uno spartiacque: dopo molte cose potrebbero cambiare".

Sul fronte popolari-conservatori le cose sembrano più semplici.

"Meno difficili, che non significa facile: i popolari sono divisi. In compenso non sarebbe impossibile collaborare sui temi. Ad esempio, su un ambientalismo diverso da quello proposto da Timmermans".

Spaccature in realtà ci sono anche tra i conservatori: lo scontro sull’immigrazione tra Italia e Polonia è stato importante. Verrà ricomposto?

"Mercoledì Giorgia Meloni sarà a Varsavia al seminario dei conservatori: un’occasione per dimostrare che l’asse funziona, malgrado le divergenze".

I sovranisti in Europa sono divisi sulla guerra e sull’immigrazione. Si può ancora parlare di gruppo di Visegrad?

"Sì. Queste alleanze non vanno concepite come un patto politico di ferro, ma come convergenze a geometria variabile. Polonia e Ungheria, ad esempio: hanno visioni molto differenti sulla guerra in Ucraina, ma ciò non impedisce loro di muoversi di conserva sull’immigrazione. L’Europa è al contempo uno spazio politico unitario, per quanto debole, e una somma di spazi politici nazionali. La vicinanza ideologica non impedisce la distanza nella difesa degli interessi nazionali: da qui le geometrie variabili. Fermo restando, naturalmente, che se variano troppo, gli accordi saltano".