Roma, 19 ottobre 2019 - "Questa piazza incredibile. Qua oggi c'è l'Italia vera, che lavora, che soffre, che sogna, che spera". Matteo Salvini apre così la manifestazione di Lega, Forza Italia e Fratelli d'Italia a Roma. L'obiettivo di "mandare a casa il governo delle tasse" ricompatta il centrodestra - a trazione leghista - dietro lo slogan 'Orgoglio italiano', anche se non manca qualche polemica (come quella di Fratelli d'Italia che ha protestato per i soli simboli del Carroccio sul palco).
Il "no" di Brunetta e Carfagna
Tutti in piazza, o quasi. Perché in Forza Italia non sono mancati malumori per la presenza di CasaPound, che però il leader Simone Di Stefano giustifica come "un contributo di idee". Ma aggiunge: "Siamo contenti se abbiamo dato finalmente il coraggio alla Carfagna o a Brunetta di passare con Renzi". E in effetti spicca l'assenza dei due storici esponenti del 'partito azzurro'. "Quella piazza non ci appartiene", ha spiegato Brunetta in un'intervista Repubblica criticando "l'eccesso di generosità" da parte di Silvio Berlusconi "pur di tenere ancora una volta unito il centrodestra".
Berlusconi: "Qui per unità"
Le critiche di Brunetta però non hanno fermato il Cavaliere. "Questa piazza è una cosa emozionante, che ci impone di lavorare insieme ed è con questo spirito che presento colui che per primo sconfisse Romano Prodi": è la presentazione che gli riserva Salvini. E Silvio Berlusconi spiega che "solo se siamo insieme tutti uniti potremo cambiare la nostra Italia". "Siamo qui per dire no al governo delle tasse, delle manette, della burocrazia, del giustizialismo fuori controllo. Siamo qui per mandare a casa un governo non eletto dagli italiani", continua il leader forzista. Poi rispolvera uno dei suoi cavalli di battaglia: "Siamo qui a dire no al governo delle cinque sinistre, quattro in Parlamento" (M5s, Pd, Italia viva e liberi e uguali) e "con loro, e forse con più potere di loro, c'è la quinta, quella giudiziaria che non ha mai smesso di perseguitare gli avversari politici". Scattano gli applausi e i "Silvio Silvio", Berlusconi rinnova l'appello alla coalizione. "Uniti conquisteremo sicuramente una grande vittoria, e siamo sicuri di vincere le prossime regionali, ovunque. Per vincere siamo tutti indispensabili, voi della Lega, di FdI e noi di Forza Italia", conclude.
Meloni contro ius soli e Beppe Grillo
Poi è la volta di Giorgia Meloni, che Salvini presenta come una "una combattente per la libertà" archiviando la polemica sui simboli ("I giornali hanno ricamato perché non possono nascondere questa marea umana, splendida piazza con mille bandiere e mille comuni"). E la leader di Fratelli d'Italia parte subito all'attacco contro l'immigrazione e lo ius soli. "Usano i bambini come scudi umani per assicurare la cittadinanza a tutti. Questo dice la legge Boldrini, ma noi diciamo no, perché se vuoi essere italiano te la devi meritare, la devi sudare. Non è un diritto è un premio - tuona -. Costruiremo un governo che dice che l'immigrazione illegale non si può fare in Italia, non ci sono scuse: su questo non si torna indietro. Se servono i muri si costruiscono i muri, se servono i blocchi navali, si fanno i blocchi". Poi attacca Beppe Grillo ("passato dal Vaffaday contro il Pd, al Vaffaday contro chi non governa con loro"), mandandolo a quel paese, e il Pd. Quindi conclude: "Ci batteremo per i nostri simboli, per difendere la nostra integrità, Dio patria e famiglia e fatevene una ragione".
Salvini: a Carola preferisco la Fallaci
Infine arriva il 'padrone di casa' Matteo Salvini. "C'è qualcuno che ritiene eroina Carola, io preferisco ascoltare le parole di Oriana Fallaci", dice lanciando una clip con le parole della scrittrice fiorentina in difesa della "patria italiana, che io non regalo". "Quello che rimarrà di questa piazza siete voi. Altro che estremismo, uomini normali, popolo contro élite, piazza contro Palazzo. Siamo 200mila, e duecentomila grazie", annucia prima di scagliarsi contro Virginia Raggi e Nicola Zingaretti, "due sciagure vecchie", da mandare a casa come "gli Emiliano e i De Luca, i politici incapaci del sud che hanno rubato i soldi per anni dimenticandosi della gente". Poi arrivano le critiche a Beppe Grillo e dalla piazza parte un coro di "vaffa...", ma l'ex ministro dell'Interno lo stoppa ("a lui pice", ironizza). Il leader della Lega parla anche di migranti, spiegando che "al governo abbiamo gente con le mani sporche di sangue". "C'è chi dice che chi vota Lega non è un cristiano. Io invece credo che chi crede nella fede vuole che non ci siano più partenze", prosegue. Poi ribadisce: "Questa non è una piazza di estremisti ma di italiani orgogliosi di essere italiani". Quindi cita Bibbiano ("ne parlerò finché campo"), assicura che "al governo torneremo e presto, dalla porta principale, senza trucco e senza inganno", attacca Matteo Renzi ("In tv il genio incompreso mi ha insultato per un'ora con il 3%") e il Pd ("è come una casa di cura: entri ed esci"). Poi chiude invitando sul palco gli alleati: "Come abbiamo detto vince la squadra e non si vince mai da soli, perciò mi piacerebbe che l'abbraccio della piazza andasse anche a Silvio Berlusconi e Giorgia Meloni".
La piazza tra cori e fischi
Tanti gli interventi sul palco, a partire da quelli dei governatori delle Regioni: Giovanni Toti (Liguria), Christian Solinas (Sardegna), Massimiliano Fedriga (Friuli Venezia Giulia), Alberto Cirio (Piemonte), Nello Musumeci (Sicilia), Attilio Fontana (Lombardia), Donato Toma (Molise), Luca Zaia (Veneto), Marco Marsilio (Abruzzo), Maurizio Fugatti (presidente della provincia autonoma di Trento). Cori "Matteo, Matteo" e acclamazioni per Salvini, anche se è guerra di cifre (200mila presenti secondo gli organizzatori, 50mila secondo la polizia).
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— Matteo Salvini (@matteosalvinimi) 19 ottobre 2019
Urla e fischi invece quando sui maxischermi vengono proiettate alcune clip del premier Giuseppe Conte. Scenache si ripete sulle immagini di Matteo Renzi al duello tv con Matteo Salvini, di 'Bandiera Rossa' e infine di un video di Luigi Di Maio. Nel mirino dei manifestanti finisce anche il giornalista Gad Lerner, insultato e costretto ad allontanarsi.