Venerdì 13 Dicembre 2024
SIMONE ARMINIO
Politica

Il centro visto da Renzi. “Federare i moderati? Conviene anche a sinistra”

Il leader di Italia viva: non so cosa farà Ruffini, io ragionerei prima sui temi. “Il referendum può spaccare Forza Italia. La norma contro di me? Mi temono”

Roma, 14 dicembre 2024 – A metà pomeriggio Matteo Renzi è in viaggio. Già premier, oggi leader di Italia Viva, risponde al telefono dall’auto: in sottofondo il rumore del traffico.

Niente treno, senatore, in coerenza con l’attacco al ministro dei Trasporti Matteo Salvini, poco fa in Question time.

“Siamo arrivati al paradosso di un treno che parte in anticipo per arrivare in orario... Al ministro ho chiesto se si ritiene più incapace o sfortunato. Questa è la destra”.

Invece il centro?

“Lì vedo dello spazio politico che guarda a sinistra, parafrasando indegnamente De Gasperi”.

Matteo Renzi, 49 anni
Matteo Renzi, 49 anni

Serve un federatore alla Ernesto Maria Ruffini, anche se lui nega?

“Io non so cosa abbia in testa Ruffini. Non metto casacche addosso a nessuno, ma non metto neppure veti. Il federatore del centro, chiunque sarà, nei prossimi mesi dovrà convincere le persone che oggi votano Forza Italia”.

Consideri un particolare: Forza Italia è più viva che mai.

“Ma ha un grande nodo che sta per venire al pettine: l’autonomia. È un dato infatti che il partito sia più forte in regioni come Campania, Calabria e Sicilia dove probabilmente vincerà il No. A quel punto si porrà un problema grosso”.

A proposito di problemi: è appena rispuntata la norma che vieta ai parlamentari di percepire compensi all’estero. La chiamano norma ’anti-Renzi’...

“Il fatto che Giorgia Meloni sia talmente ossessionata da me da proporre una norma ad personam dal vago sapore sovietico significa che teme la nostra opposizione”.

Anche se alle urne non andate più fortissimo?

“Ma non conta la percentuale: quelli al centro sono voti che valgono doppio, e chi li prende conquista il governo del Paese. Si è visto con le ultime elezioni. Guardi alla sconfitta in Liguria e alla vittoria in Umbria”.

Però serve un federatore. Ruffini ha lasciato la guida dell’Agenzia delle Entrate come lei suggeriva. D’altronde, per dirla alla Baudo, lo ha scoperto lei, no?

“Ruffini venne alla Leopolda, che durante la stagione riformista è stato un vivaio eccezionale di talenti. Molti dei protagonisti del dibattito di oggi vengono da lì. Ma non mi affascinano i toto-nomi. Chiediamoci piuttosto: che idea abbiamo sul fisco? Che idea abbiamo sulla sicurezza?”.

Lei che idea ha?

“Io le tasse le voglio abbassare, ma non voglio mettere una patrimoniale come la sinistra. Il mio motto è pagare tutti e pagare meno. Sulla giustizia ho appena dato un’idea concreta su cosa fare del centro per i migranti in Albania, grande flop di questo governo”.

Propone di mandarci i detenuti albanesi. Ma non è pure questa una forma di respingimento?

“Punto primo: io parlo di detenuti che sono in carcere in Italia per aver commesso un reato. Loro invece ci mandano gli innocenti che attraversano il mare in cerca di un futuro migliore”.

Punto secondo?

“Sa cosa chiedono i carcerati in tutto il mondo? Di essere avvicinati a casa. Mandare in Albania i detenuti albanesi significa permettere ai loro parenti di andarli a trovare. E permetterebbe a noi di dare qualcosa da fare a tutti quei poliziotti e quelle guardie carcerarie che abbiamo mandato lì a spese dei contribuenti. Senza contare che così facendo libereremmo spazio nelle nostre carceri sovraffollate. È quella che si dice una soluzione ’win-win’. Ed è una proposta concreta che faccio a chi si candida per federare il centro”.

Fatto il centro, bisognerà unirci la sinistra con un trattino...

“Il Pd di Elly Schlein io credo abbia tutto l’interesse che nasca un centro che, ribadisco, si è già rivelato decisivo per vincere”.

A sinistra c’è anche il M5s che però in questo momento ha i suoi problemi. Secondo lei come finirà?

“Credo purtroppo che non lo sappiano neanche loro. Ho come l’impressione che la partita sia ancora tutta da giocare e che, chiuso il tema del garante e dei due mandati, ora venga un secondo tempo. Un percorso che rispetto e che, pur volendo, non saprei commentare”.

Il M5s, come Avs e parte del Pd, nella partita referendaria voterà per l’abrogazione del suo Jobs Act. Lei ha detto di rivendicare quella riforma anche se appartiene al passato. Dunque: oggi la rifarebbe uguale?

“Il Jobs act è stato un pezzo fondamentale della scommessa economica del mio governo, 10 anni fa, insieme agli 80 euro in busta paga, all’abbassamento delle tasse e all’abolizione dell’Imu. I risultati in termini di benessere del Paese e di posti di lavoro li abbiamo visti tutti. Dunque lo rivendico e lo difendo. Ma il paragone con oggi non regge. Oggi le battaglie per il lavoro sono altre: dalla sicurezza, alla disoccupazione alle trasformazioni che l’intelligenza artificiale ha già apportato al suo lavoro di giornalista come al mio di politico o a quello degli operai e degli impiegati della Pubblica Amministrazione. Le battaglie sono altre. Per questo la guerra della Cgil sul Jobs act è retrograda”.

Questa ultima affermazione, senatore, bisogna dirlo, la avvicina molto alle tesi di Salvini.

“Non facciamo paragoni assurdi, la prego. Io con i sindacati mi sono scontrato duramente, ma su temi seri, e mentre nel frattempo facevo crescere le buste paga. Nel frattempo c’era chi urlava in tv e nelle piazze: ‘blocchiamo il Paese per tre giorni e mandiamo a casa questo governo!’. Non era la Cgil, no. Era Matteo Salvini...”.