Venerdì 10 Gennaio 2025
MARIO BENEDETTO
Politica

La liberazione di Cecilia Sala: “Decisivi i moderati iraniani. Vogliono tornare a dialogare”

L’ambasciatore Massolo: è stata cruciale la sinergia tra politica, diplomazia e intelligence. “Il clero sciita ha capito che il rapporto tra Meloni e Trump può essere un’occasione”

Roma, 11 gennaio 2025 – Ambasciatore Giampiero Massolo, quello di Cecilia Sala è stato un caso diplomatico delicato e a lieto fine in tempi inaspettatamente brevi?

“Sicuramente – spiega l’ex segretario generale della Farnesina, già direttore del Dis e autore di Realpolitik. Il disordine mondiale e le minacce per l’Italia – l’elemento che ha giocato un ruolo determinante è la sinergia dei livelli politico, d’intelligence e diplomatico, anche per l’ottenimento di un risultato positivo in tempi brevi. Avendo a che fare con l’Iran, che non è nuovo a questo genere di iniziative, si correva il rischio di una detenzione non solo immotivata, ma anche più lunga”.

L’ambasciatore Giampiero Massolo, 70 anni
L’ambasciatore Giampiero Massolo, 70 anni

Che scenario emerge? In pochi si soffermano sulla (in)stabilità interna dell’Iran.

“Sì, una contingenza interessante è la debolezza dell’Iran: ha perso i suoi proxy (alleati locali che operano in altri Stati, ndr) ed è in atto una dialettica interna tra la fazione dei pasdaran, che detiene il potere industriale militare e quella più moderata del presidente Pezeshkian. Di essa fanno parte importanti fazioni del clero sciita che sono per la ripresa del dialogo con l’Occidente. Questi ultimi, in particolare, hanno probabilmente intravisto un’opportunità diplomatica nel rapporto tra il presidente del consiglio Meloni con il presidente eletto Trump. Un ruolo di primo piano giocato dal nostro asse atlantico, possiamo dire emblematicamente rappresentato dalla visita della presidente Meloni a Mar-a-Lago. Una visita irrituale sul piano diplomatico, ma non è tempo di diplomazie rituali. Meloni si è esposta di persona in una fase di transizione per gli Usa, portando a casa il risultato”.  

Cosa rivela d’interessante questo caso rispetto al ruolo delle relazioni diplomatiche?

“C’è un piano su cui i governi non possono influire nelle democrazie occidentali, quello delle magistrature. Ma in ultima istanza entrano in gioco le ragioni di Stato rispetto alle quali l’ultima parola spetta aI Governo. In questo caso abbiamo un interlocutore, gli Usa, abituato a ragionare sempre in termini di ragion di Stato. Quel che conta nelle relazioni diplomatiche, in vicende come questa, è la chiarezza. È alla base della credibilità necessaria per condurle con efficacia duratura”.  

Quale scenario ci restituisce il caso rispetto al Medio Oriente?

“Il nodo del Medio Oriente è l’Iran. Israele ha vinto sul terreno militare, ha ridotto in condizioni di non nuocere i proxy dell’Iran, è caduto il regime in Siria, Paese che rappresenta un potenziale focolaio di instabilità. Adesso bisogna capire fino a dove Israele vorrà arrivare con l’Iran, ovvero fino a che punto Trump darà via libera a una eventuale azione militare: Israele non ha la possibilità di risolvere il tema del nucleare iraniano se non con il supporto Usa”.  

Quale approccio si può prevedere da parte di Trump?

“Potrà scegliere di fare leva sulla debolezza di Teheran per contenerne le ingerenze. Questo a sua volta potrebbe favorire un ritorno ai Patti di Abramo”.  

Quali sono i legami con il conflitto russo-ucraino?

“Russi e ucraini puntano a rafforzarsi in attesa di arrivare a un punto di svolta. Un cessate il fuoco più che una vera pace, che lascerà l’Europa instabile. Dovremo garantire l’Ucraina e per farlo abbiamo bisogno degli Usa. Occorrerà un nuovo patto transaltalntico, per evitare che Trump abbandoni l’Europa. Servirà un’intesa basata su più difesa europea e relazioni commerciali più equilibrate”.  

Dunque il caso Sala non si potrà ripercuotere negativamente sui nostri rapporti diplomatici, in particolare atlantici?

“Quando due ragioni di Stato si confrontano, si capiscono”.