Roma, 6 novembre 2023 – Onorevole Alessandro Cattaneo, capo dei dipartimenti di Forza Italia, il ddl di riforma costituzionale è negoziabile?
"Intanto diciamo che siamo molto contenti, come Forza Italia, del lavoro svolto dalla nostra ministra Maria Elisabetta Casellati, riconosciamo che questo articolato è un ottimo compromesso al rialzo rispetto a quelle che erano i punti fermi del partito fin dai tempi in cui ne aveva parlato Silvio Berlusconi. È una riforma equilibrata, ma è comunque bene che riforme di questo calibro vengano fatte insieme con le opposizioni, perché si sta parlando delle ‘regole del gioco’ e dunque il contributo delle opposizioni resta fondamentale".
Ci sono dei punti non negoziabili?
"Sono i punti qualificanti della riforma, la visione stessa che sottende alla struttura dell’articolato, così come l’aveva pensata Silvio Berlusconi, ovvero la figura di un premier forte con una forte mandato popolare. Credo sia la prima volta dal dopoguerra che si prova a fare una riforma così importante, ma è ovvio che il premier con più poteri è il centro della riforma e dunque questa è senz’altro la parte non negoziabile, ma noi non faremo nessuna prova muscolare, siamo assolutamente aperti al dialogo sul resto dell’articolato".
Si parla di un premio di maggioranza molto ampio, sul 55%, per la legge elettorale che dovrebbe accompagnare la riforma. Non pensa sia eccessivo?
"Intendiamoci; il premio di maggioranza è stato ‘inventato’ proprio per dare stabilità ai governi e al Parlamento, ma poi la Corte costituzionale ha detto che il premio contrastava con il dettato costituzionale e solo il Rosatellum, alla fine, è stato il compromesso trovato, ma credo che il premio di maggioranza, nell’ambito di una riforma come questa, sia necessario, all’interno ovviamente di una nuova legge elettorale che lo certifichi e che io ritengo auspicabile".
Si sostiene da più parti nella maggioranza che una riforma come questa fotografa una realtà già esistente...
"Più o meno. Noi chiediamo che si possa scrivere sulla scheda il nome del candidato premier, ma di fatto già adesso si fa riferimento al leader delle varie forze politiche nei simboli elettorali dei partiti, un’intuizione che ha avuto per primo Berlusconi e che poi altri hanno seguito. Anche questo è un elemento di chiarezza affinché non ci siano ribaltoni. Prendiamo atto della realtà, in questi anni abbiamo forzato la situazione esistente, portandola sempre più verso un sistema che sceglieva direttamente il leader. Ora, attraverso la codificazione del sistema, si metterà finalmente fine ai ribaltoni che hanno allontanato anche il cittadino dalla politica".
Il ruolo del capo dello Stato esce assai ridimensionato specie sul fronte della scelta del leader in caso di fallimento dell’eletto dal popolo: lo si costringe a scegliere un parlamentare nella stessa maggioranza. E se non lo trova?
"Si torna alle elezioni. Comunque, noi vogliamo evitare ovviamente qualsiasi conflitto tra poteri dello Stato. La riforma non tocca le prerogative del Capo dello Stato che continua a fare quello che fa oggi, seppur con qualche piccolo limite, ma questo mi sembra un buon compromesso proprio per evitare che ci siano ‘governi tecnici’ sorretti da una maggioranza diversa da quella uscita dalle urne"
Senza tema di smentite: uno come Mario Draghi non lo si trova facilmente tra i peones del Parlamento, in caso di fallimento del leader eletto…
"E, allora, come risposta, le cito Churchill: ’La democrazia è la peggior forma di governo, eccezion fatta per tutte quelle altre forme che si sono sperimentate finora’. Finora chiunque è andato al potere alla fine è stato limitato e ha governato con l’ausilio dei decreti legge. Se si fa una riforma che ha come perno la centralità del premier, è chiaro che questa centralità diventa maggiore se si è costretti a pescare tra gli eletti".
Cercherete di evitare il referendum?
"Il referendum rimane sullo sfondo e noi non faremo nessuna prova muscolare, ma anzi, nel caso di un referendum, andremo tra la gente a spiegare la bontà di questa riforma. Siamo aperti al dialogo perché più la legge è condivisa, più vengono meno i presupposti perché la situazione resti quella che è".
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