Giovedì 21 Novembre 2024
BRUNO VESPA
Politica

Caso Giambruno, tra pubblico e privato. "Non mi faccio colpire". E la premier si rafforza

Giorgia Meloni ha gestito una crisi familiare senza farsi scalfire nel suo ruolo. Oggi sarà l’unica leader occidentale al Cairo al vertice per la pace in Israele

Roma, 21 ottobre 2023 – Per capire chi è Giorgia Meloni, basta leggere il poscritto al comunicato in cui annuncia la fine della sua relazione con Andrea Giambruno: "Tutti quelli che hanno sperato di indebolirmi colpendomi in casa sappiano che per quanto la goccia possa sperare di scavare la pietra, la pietra rimane pietra e la goccia è solo acqua".

La prima donna di destra a Palazzo Chigi, apprezzata in campo internazionale come nessuno onestamente avrebbe previsto, scatena odi difficilmente immaginabili. Purtroppo lo strumento stavolta è un uomo che non ha capito dove stava e con chi stava, ma anche se la pietra è stata scheggiata nei sentimenti, certo resta un pilastro dell’azione di governo.

Meloni con Benjamin Netanyahu (Ansa)
Meloni con Benjamin Netanyahu (Ansa)

Oggi Meloni sarà infatti al Cairo, unica leader di un importante Paese occidentale a partecipare al “vertice per la pace“ del mondo arabo convocato dal presidente egiziano Al Sisi. L’assoluta vicinanza della presidente del Consiglio a Israele è di vecchia data. E la mossa spiazzante di andare al Cairo (Al Sisi ha festeggiato) è assolutamente strategica sia per la crisi israeliana (ci sarà anche il leader dell’Anp, l’ormai debolissimo Abu Mazen) sia per i rapporti italiani con i Paesi determinanti per l’immigrazione.

Decapitando i bambini ebrei, violentando in maniera non descrivibile i cadaveri degli adulti e diffondendo nel mondo le immagini di questo strazio, Hamas si è proposta di determinare da parte israeliana una reazione così violenta da provocare la rivolta delle masse arabe contro quei governi che stavano normalizzando i loro rapporti con Israele.

Tanto da scatenare una Guerra Santa con il proposito di isolare Israele nella pur difficile prospettiva di annientarlo. I Paesi arabi moderati sono i più spaventati all’idea di una rivoluzione interna ed è anche a loro nome che l’Occidente (e l’Italia) stanno facendo pressione su Israele perché annienti Hamas senza stragi degli innocenti.

Se poi consideriamo gli ostaggi, la missione è quasi impossibile, ma vale la pena di provare.

Se si guarda tuttavia alla storia del Medio Oriente degli ultimi 75 anni non si può essere ottimisti. Nel 1947 le neonate Nazioni Unite dividono in tre parti un pezzo dell’Impero Ottomano.

Una va a Israele, una alla Palestina, Gerusalemme è capitale di entrambi. Due popoli, due Stati. Gli arabi non ci stanno, muovono guerra a Israele e la perdono.

Nel ’67 è Israele che si sente insicuro (l’Egitto di Nasser sta per attaccarlo) e fa la “guerra dei sei giorni“. La vince e si allarga.

Nel ’73 è l’Egitto di Sadat ad attaccare di sorpresa. Prima vince, poi perde. Pareggio.

Nel ’79 accordo di pace tra l’israeliano Begin e Sadat, che viene ucciso nel 1981. Tutto daccapo.

Nel 1993, auspici gli Stati Uniti, nuova pace ad Oslo tra l’israeliano Rabin e il palestinese Arafat. Nel ’95 Rabin viene ucciso da un estremista israeliano. Negli ultimi trent’anni è un lascia e piglia. Israele ha restituito molti territori, ma ha occupato un pezzo di Cisgiordania con i coloni. I palestinesi sono poveri e arrabbiati. Con due popoli e due Stati ci sarebbe posto per tutti. Ma Hamas e l’Iran vogliono la distruzione d’Israele. Quindi…

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