Roma, 14 ottobre 2024 – "Di Carlos Tavares non ci si può fidare. Serve un piano strategico sull’automotive e per questo chiedo alla premier Meloni di lavorare assieme all’opposizione". Per il senatore Carlo Calenda, leader di Azione, la richiesta di nuovi sussidi avanzata dall’ad di Stellantis per stimolare la domanda di auto elettriche è da rispedire al mittente.
Perché, secondo lei, è un’idea sbagliata?
"Perché abbiamo già dato 1,5 miliardi di incentivi e 703 milioni per la cassa integrazione. Tavares ha promesso di produrre un milione di veicoli elettrici, ma ne realizzerà solo la metà".
Lei ha chiesto di nuovo a John Elkann, presidente di Stellantis, di venire in Parlamento. Cosa si aspetta di diverso rispetto a quanto detto da Tavares?
"Elkann ha diverse responsabilità, prima fra tutte Magneti Marelli. Quando la vendette, io chiesi che venisse utilizzato il golden power. Elkann assicurò che stabilimenti e posti di lavoro sarebbero stati garantiti. Abbiano visto come è finita con Crevalcore. Come azionista di Fca, ha ricevuto una garanzia pubblica di 6,3 miliardi in cambio di impegni su occupazione e sviluppo di nuovi modelli, che non sono stati rispettati. Elkann, inoltre, aveva promesso che l’identità italiana sarebbe stata mantenuta, ma ora vediamo che Alfa Romeo Junior, 500, Topolino, Panda vengono rispettivamente prodotte in Polonia, Algeria, Marocco e Serbia. Per questo deve riferire in Parlamento".
Comau rischia di fare la stessa fine di Magneti Marelli?
"Sì, avrei bloccato la vendita e fatto intervenire la Cassa depositi e prestiti. Comau è un’azienda strategica e i fondi di investimento potrebbero venderne i brevetti per poi buttarla via. Ho informato personalmente Meloni dei rischi, ma evidentemente non se l’è sentita di fermare la cessione".
L’altro giorno lei ha snocciolato i risultati di Tavares in Stellantis: 14mila dipendenti in meno entro la fine dell’anno; la gigafactory di Termoli che non si fa; la produzione di veicoli commerciali ai minimi storici e un calo dell’83% della produzione a Mirafiori. Come se ne esce?
"Tavares ha anche distrutto Maserati. Mi ha risposto che non è vero e mi ha invitato ad andare a vistare l’azienda. Gli ho detto che lunedì (oggi per chi legge, ndr) sarei stato disponibile, ma mi ha spiegato che sarà al Salone di Parigi. Io comunque prima o poi entrerò".
Tornando alla crisi di Stellantis?
"Sì, ci sono due strade per uscirne. La prima è varare un pacchetto di misure non solo per Stellantis, ma per tutto il settore. Questo pacchetto, che abbiamo scritto con le forze di opposizione e su cui invito Meloni a confrontarsi, dovrebbe includere uno sconto sul costo dell’energia, che oggi impatta pesantemente sulla produzione, facilitazioni per gli imprenditori che investono e un’estensione della cassa integrazione fino a dicembre".
E in parallelo?
"Vanno riviste le norme sull’uscita dall’endotermico. Non parlo del 2035, la crisi che si sta sviluppando è figlia delle regole scellerate imposte dalla Commissione Ue, con multe fino a 15 miliardi di euro per chi non ha una produzione di auto elettriche di almeno il 20% sul totale entro 2025. Il problema è che il mercato non compra le auto elettriche e che il 20% di chi ha già un’auto di questo tipo vorrebbe tornare indietro. E poi servono dazi più consistenti nei confronti della Cina".
Una fusione con un altro grande gruppo potrebbe essere una soluzione per Stellantis?
"Da un certo punto di vista sì. Stellantis oggi ha un pessimo management. Si parla di una possibile fusione con Renault, ma dobbiamo chiederci quanti modelli sarebbero a rischio sovrapposizione".
L’Italia ha ancora bisogno di Stellantis?
"Assolutamente sì. Abbiamo bisogno di un produttore automobilistico. Si tratta di un lavoro molto pregiato, con operai alla frontiera tecnologica. Il settore vale il 5% del Pil, includendo tutta la componentistica e la robotica associata. Senza un produttore come Stellantis, l’Italia perderebbe competitività, posti di lavoro e Pil. Ma il governo si finge morto e francamente non so davvero il perché".