Non bastavano le parole – chi ha dimenticato i dibattiti sul centrosinistra con o senza trattino? – e neppure scelte rilevanti come guerra e pace. Adesso a terremotare l’opposizione ci si mettono anche i disegni: galeotto fu Matteo Renzi. Nessuno più di lui sa come far esplodere bombe e granate. Quando, alla festa del Foglio, ha buttato lì, come se niente fosse, una frase sul disegno suo e di Elly era perfettamente consapevole di quel che ne sarebbe seguito. Sì, ma il misterioso disegno qual è? Il diretto interessato lo sintetizza con una battuta ai giovani della scuola di formazione politica in corso a Gaeta: "Io faccio opposizione a Giorgia Meloni, Conte fa l’opposizione a Elly Schlein". Altro che accordi segreti, il ragionamento che affida ai ragazzi. In ballo, c’è solo la politica.
Per il leader M5s non è nemmeno importante sapere quale sia il disegno: la sola idea che esista lo manda su tutte le furie, e Angelo Bonelli, portavoce dei Verdi, terza componente del campo che già quasi c’è, non è da meno: "Ora dobbiamo pensare a come vincere le elezioni regionali. Ma finite le elezioni, è inevitabile per Avs un confronto con Pd, M5s e Calenda (se ci sta), per capire se esiste questo disegno di cui parla Renzi. Qualcuno ci deve spiegare la verità".
Ma nel Pd come la mettono? Il Nazareno si barrica dietro il più che ovvio: il disegno? "Noi lavoriamo testardamente per l’unità delle forze politiche oggi all’opposizione. È la condizione per battere la destra – riassume Andrea De Maria – Un’unità che nasca da una condivisione programmatica e cresca sui territori. Si tratta di una linea politica chiara, che guarda al futuro del Paese. Per questo, non vogliamo farci trascinare nelle polemiche". Non a caso la segretaria Elly Schlein rilancia sui contenuti che possono unire: dalla sanità al salario minimo. "Le cose si possono fare solo insieme. C’è chi dice che la destra e la sinistra sono uguali, ma non è vero. La destra fa la destra, noi dobbiamo ricostruire la sinistra", spiega durante un incontro a Bologna alla casa del popolo ’Bruno Tosarelli’.
Nel partito però gli umori sono più variegati. Sorpresa: a gradire il dipinto meno di tutti sono proprio gli amici del ’Maestro’ Renzi. Sembra un controsenso, ma non lo è. Un po’ è questione di rapporti personali: l’ex capo ha sempre snobbato i discepoli rimasti nel partitone. Ma un po’ è anche questione di politica. In fondo la loro ragione di esistere è pilotare il Pd verso il centro. La strategia, pardon, il disegno di Elly, delegare il compito a Renzi, rischia di provocare loro la più classica delle crisi esistenziale: ma noi cosa ci stiamo a fare? Dunque procedono con la cautela di chi si muove su un campo minato. Va bene il matrimonio con Matteo, ma bisogna capire cosa intende fare. In realtà vogliono capire anche cosa sarà di Italia viva. Certe voci dicono che Renzi miri a modificarne dna e ragione sociale, anche se non si è capito bene secondo quale disegno. E la maggioranza del Pd? Si allinea ad Elly, come sempre. Ma lo fa con un bagaglio di sospetti e diffidenze. Non che arrivi a sconfessare la leader e neppure il suo disegno. Si arrovella intorno a un interrogativo: di Renzi ci si può fidare? Domanda retorica: certo che no. Sono convinti che la sua manovra miri a fini ben diversi da un governo Schlein. E dunque: varrà davvero la pena di rischiare tanto per portare a casa quell’1/2 per cento in più? Alla fine il problema con Renzi è sempre quello: non è questione di strategie o disegni. Di fatto, è visto come un guastatore. Anche l’uscita da disegnatore viene letta come uno sgambetto in vista del voto in Liguria. E chiamarsi il guastatore in casa è un’idea che non lascia tranquilli.
Senza contare quel problemino ulteriore che si chiama Giuseppe Conte. Il capo dei 5 Stelle ha il coltello dalla parte del manico per il fatto di essere meno interessato del Pd a vincere le prossime elezioni. Per i democratici sarà questione di vita o di implosione, Conte può permettersi di restare oppositore senza pagare grandi prezzi. In questa condizione tutto il Pd si dibatte in un dilemma probabilmente irrisolvibile. Perdere Conte non si può, tanto varrebbe non presentarsi nemmeno alle elezioni. Restare con Conte permettendogli di dettare legge neppure. Insomma: per il Pd la spina Renzi non certo è la più acuminata.