Roma, 29 settembre 2024 – "Una bella situazione marrone", per parafrasare il punto di vista di un autorevole senatore dem. La frattura con 5 Stelle e Avs sul cda Rai e il conseguente ritiro di Matteo Renzi e +Europa dalla coalizione di Andrea Orlando in Liguria, lasciano infatti il Pd di Elly Schlein a presidiare un campo di centrosinistra sempre più farraginoso.
Dopo il risultato delle Europee il Pd si era convinto che i 10 punti di distacco avessero sancito i rapporti di forza. Invece "i nodi sono venuti al pettine", come rileva un altro dem di lungo corso. E sono due. Il primo è l’asimmetria rispetto al governo tra Pd da una parte e M5s e Avs dall’altra. Se infatti per il Pd tornare al governo è una condizione esistenziale, gli alleati invece guadagnano poltrone se vanno al governo (anche a livello locale) e consensi quando criticano il moderatismo dem. Di qui il secondo nodo, rilevato specialmente dalla minoranza dem: il fatto cioè che il Pd schleiniano si rivolge in larga parte allo stesso bacino elettorale di Avs e 5 Stelle, lasciando scoperto il campo riformista.
Si infrange qui la strategia della segreteria Schlein. Che nel cda Rai ha incassato Roberto Natale non meno di Avs, ma su regionali e politiche invece vacilla. Confermando la preferenza per Orlando all’insegna del "perda il peggiore", Renzi lo dice chiaro che "l’obiettivo di Giuseppe Conte" in realtà sia l’aspirazione alla premiership della leader dem. E il presidente 5 stelle a suo modo conferma l’insofferenza verso l’egemonia dem nel momento in cui sospetta il Pd di voler ridurre gli alleati a "cespugli" per poter governare. Il "troppo disinvolto" abbraccio calcistico di Renzi con Schlein ha insomma scoperchiato il vespaio, come contesta la stessa minoranza dem. Mentre Orlando, irritato a dir poco con la segretaria, ha dovuto precipitarsi a Roma per cercare invano di convincere Conte al campo XL, di cui pensava si sarebbe occupato il Nazareno.
Igor Taruffi, responsabile organizzazione del Pd, siete preoccupati per la rottura coi 5 Stelle sul cda Rai e la conseguente rottura con Renzi in Liguria?
"Non sono accaduti fatti così eclatanti. La differenziazione sulla Rai non è la fine del mondo anche se non ce l’aspettavamo. Così come in Liguria sapevamo che c’era una situazione diversa rispetto ad altri territori e non ci nascondevamo che c’erano delle difficoltà".
Ma avete perso tutta la componente riformista...
"No. C’è la lista di Azione. Siamo convinti che la candidatura Orlando sia competitiva e rappresenti un’idea di società diversa rispetto all’amministrazione di centrodestra degli ultimi cinque anni. In ogni caso gli elettori saranno chiamati a valutare se è conveniente e opportuno voltare pagina rispetto alla giunta Toti oppure no".
Non temete ricadute a livello nazionale?
"Da qui alle elezioni manca ancora tempo, è presto per discutere di alleanze. Dobbiamo farci trovare pronti al momento opportuno, confrontandoci sui contenuti per costruire l’alternativa a questo governo che si dimostra ogni giorno di più un problema e un pericolo per l’Italia. Lavoriamo sempre testardamente per comporre il campo delle forze di alternativa".
Ma come farlo visti i veti e la litigiosità?
"Stando sui contenuti e confrontandoci tutti i giorni su quelli. Anche perché agli elettori non interessa la formula aritmetica della coalizione, ma quello che proponiamo per i problemi che vivono. Non mi è mai capitato che, davanti a una fabbrica o parlando con chi soffre per le liste di attesa, qualcuno mi chieda con quale formula siamo in grado di comporre insieme agli alleati, ma quali risposte diamo sui temi che riguardano le politiche economiche e sociali".