Ore 7.50 di ieri mattina, caffè, le firme sugli atti urgenti e il ritorno in ufficio. Stefano Bonaccini guarda Bologna dal diciassettesimo piano della torre progettata da Kenzo Tange, sede della Regione. Nuvoloni e traffico. La stessa Bologna – unica insieme con Parma – che in Emilia-Romagna gli ha preferito Elly Schlein alla guida del Pd e lo ha consegnato alla sconfitta nazionale. Potere e vertigini, qui in viale Aldo Moro, come nella partita per la segreteria dem: vedere dall’alto non sempre è un vantaggio e il presidente, dopo ventiquattro ore di riposo, lo ha capito bene. "Serve razionalità, lucidità, dobbiamo capire cos’è successo", ha detto subito ai più stretti collaboratori. Pausa. Doverosa, nella sua Campogalliano, in un lunedì amaro. Una giornata tranquilla con la moglie Sandra, le chiacchiere con le figlie e gli amici di sempre. Poi la ripartenza, anche se Schlein non lo ha ancora chiamato: piange il telefono e i nuvoloni sul domani restano. Come andrà a finire?
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"Non ho dubbi che mi chiamerà molto presto. Ma siccome non abbiamo discusso di nulla, ogni ipotesi per il momento vale zero. Ci confronteremo, nei prossimi giorni, se vorrà esserci un confronto. Da parte mia tutto l’impegno a garantire unità al Pd perché veniamo da mesi di dibattito, c’è un governo che sta facendo molti errori e va messa in campo un’alternativa": Bonaccini esordisce così.
Il riferimento è chiaro: la presidenza dell’assemblea Pd. Il governatore dell’Emilia-Romagna vuole mantenere un ruolo di spicco dentro il partito. E quella posizione sarebbe gradita. È un obiettivo politico vero. Ma il tema reale è se e come Elly Schlein voglia collaborare. Con colui che, de facto, vuole continuare a rappresentare un punto di riferimento per l’ala moderata e riformista del partito.
"Tocca a Schlein tenere insieme il partito – dice Bonaccini –, io sono a disposizione non perché devo recitare una parte, ma perché è quello che si aspettano gli iscritti del Pd".
Un convegno sul lavoro con la ministra Marina Calderone, una chiamata al sindaco di Cesenatico Matteo Gozzoli dopo l’attentato a un deposito della Protezione civile. La giornata avanza e Bonaccini torna sul tema del Pd. Dicendo no ad azioni avventate: "Sono convinto che chi esca sbaglia. Dobbiamo far si che il partito si rigeneri, che abbia una nuova classe dirigente e che metta in campo una proposta per costruire il centrosinistra". E a chi gli chiede se ci sarà un redde rationem fra i dem, beh, la risposta è netta: "La vera rivincita è nei confronti della destra. L’obiettivo è di costruire le condizioni per tornare a essere il primo partito alle prossime elezioni europee e vincere nei comuni. È doveroso dare una mano perché il partito ha sofferto troppo di divisioni e liti dentro la stessa famiglia".
Nel pomeriggio l’ingresso in aula. Un abbraccio con Valentina Castaldini, consigliera regionale di Forza Italia, che gli ha detto di esserci sinceramente rimasta male. Un intervento sui migranti: "Viene da chiedersi – dice il governatore – perché vengono fatti sbarcare in città amministrate dal centrosinistra. Ci si spieghi e ci si faccia vedere, io ho già chiesto al ministro Piantedosi di venire in conferenza delle Regioni".
Prima la risposta alle centinaia di messaggini, poi una giunta, che di solito è in calendario al lunedì, ma ieri era stata sposta. Per ovvi motivi. In Emilia-Romagna, ma anche a Roma, cresce il pressing attorno al nome di Bonaccini per costruire l’opposizione a Schlein in maniera costruttiva. Anche perché il nuovo corso preoccupa già molti dirigenti e iscritti dem: il leader delle Sardine Mattia Santori, vicino a Schlein, ha detto che serve "coraggio" e non bisogna avere paura di perdere "dirigenti e vecchi iscritti" perché "per un Fioroni che se ne va, ne entrano altri cento".