Presidente Bertinotti, nelle ultime elezioni regionali la sinistra a sinistra del Pd si è presentata frammentata e divisa, e non è riuscita ad avere i consensi che pure, potenzialmente, c’erano. Praticamente, a parte qualche eccezione, nessun consigliere regionale è stato eletto. Quella sinistra è scomparsa?
"No, così non si comprende il nocciolo del problema". Allarga le braccia Fausto Bertinotti, già leader di quel partito, Rifondazione comunista, che, a livello nazionale, più di venti anni fa, arrivò a sfiorare la doppia cifra elettorale. "Non si capisce il contesto, il perché di questa crisi che è insieme della politica e della democrazia. Crisi in cui si innesta la debolezza della sinistra cosiddetta rivoluzionaria, ma anche di quella cosiddetta riformista".
E allora che analisi propone?
"Un’analisi radicale e volutamente provocatoria. Basta con le vecchie categorie. Basta col Novecento. Ribaltiamo il nostro modo di ragionare. La sinistra politica tradizionale è morta. Non esiste più".
Veramente tra partiti comunisti e sinistre rossoverdi qualcosa è rimasto...
"Ci sono gli stessi nomi di una volta, ma una cosa è il contenitore e un’altra il contenuto. Non basta chiamarsi ’comunista’ per essere tali. La sinistra è altrove".
Dove?
"Nella società. Confusa, frastagliata. La sinistra ’civile’ esiste. Però si basa su presupposti diversi. Le sigle che vediamo sono irrilevanti. Le novità vanno cercate altrove".
Ossia?
"Ad esempio negli Stati Uniti con le proteste degli ultimi mesi. Oppure in Francia: a Marsiglia, dopo un quarto di secolo, si è riconquistata la guida della seconda città transalpina con una formazione rossoverde tutta nuova, inedita, che si occupa di problemi veri, tangibili, reali. Un po’ come era successo con Podemos in Spagna. Ecco, la sinistra si è inabissata nella società, ma non ha rappresentanza politica vera. O, se la ha, è irrilevante".
Lenin si chiese: che fare?
"L’importante, e lo sottolineo con forza, è smetterla con questa concezione della ’sopravvivenza’. La sinistra deve rinascere dalle sue ceneri inserendosi con forza, come sta facendo in alcune realtà, nella società, cercando di capire e di passare all’azione. Deve stare dentro i fenomeni inediti e non continuare a porsi il problema della continuità. Non serve".
Però alle Regionali...
"Fermo lì. Alle Regionali abbiamo avuto un Pd, che, da tempo, ha dato il via a una mutazione genetica proponendo un modello sostanzialmente liberale, che si appoggia a fenomeni presidenzialisti. Il risultato delle elezioni del 20 e 21 ha visto protagonisti i governatori. Non i partiti. Insomma, ha ragione De Luca".
Il governatore della Campania?
"Proprio lui. Ha detto chiaramente che non ha vinto la sinistra, ma un leader appoggiato dal suo popolo".
Insomma, dobbiamo abituarci a non avere più sinistra?
"Non ho detto questo. Resto molto legato al famoso ’pessimismo della ragione e ottimismo della volontà’, ma il cammino sarà lungo e difficilissimo".
Però non ci dice da dove ripartire.
"Dai movimenti. Sta lì l’inizio di una nuova sinistra. Che deve fare proprio il ragionamento di Norberto Bobbio: la differenza tra destra e sinistra risiede nel fatto che la seconda si batte per l’eguaglianza, la prima no. Quindi, tirarsi su le maniche e lottare contro le diseguaglianze. Solo da questa base la sinistra tornerà ad avere un’anima e un seguito. Non possiamo, insomma, rinunciare al conflitto sociale, chiaro?".