Malato, ma cosciente e deciso a farlo sapere. In mattinata con i familiari preoccupatissimi, Silvio Berlusconi chiama il suo stato maggiore: Tajani, Barelli, Gasparri. Poche parole di rito, ma rilevante è il gesto. Gli squilli più importanti arrivano in serata: il messaggino di Salvini, a cui lui risponde con una telefonata durante il Consiglio dei ministri. "La più bella della mia vita", giura il leghista. E quello con Giorgia Meloni: il contenuto anche in questo caso non conta. Auguri per la Pasqua e una pronta guarigione.
Il futuro di Forza Italia
I dirigenti azzurri ci sperano, e lo ripetono in coro per tutto il giorno. Il Cavaliere è forte, ce la farà, tornerà al suo posto. È un auspicio sincero non solo dal punto di vista del calcolo politico, ma anche dei sentimenti. E tuttavia, è anche il segnale evidente di uno smarrimento: cosa ne sarà di Forza Italia con Berlusconi assente o costretto a una presenza molto limitata nessuno riesce neppure a immaginarlo. Certo: c’è Antonio Tajani, il coordinatore (anche se il ruolo non sarebbe previsto dallo statuto), nonché vicepresidente. E, dopo il cambio di capogruppo a Montecitorio, punto di riferimento per la famiglia. Forse sarà inevitabile convocare un congresso: sarebbe il primo vero congresso nella trentennale storia del partito di Arcore.
La successione
Ma il problema non è questo. Molti nutrono dubbi sulla possibilità che il ministro degli Esteri – accorto, esperto, prezioso come numero due – sfoderi le straordinarie doti che servono per tenere insieme le varie anime del partito azzurro, e quindi traghettarlo verso una nuova epoca. Certo, molto dipende dallo stato di Berlusconi all’uscita dall’ospedale. La sua presenza effettiva, pur se limitata, permetterebbe almeno di tentare la disperata impresa, se invece sarà costretto a uscire di scena anche quella pallida speranza si rivelerà una chimera.
I nodi del partito-azienda
Sono destinati peraltro a emergere in tutta la loro singolare complessità i nodi del partito-azienda: certo si può fare il congresso, ma il simbolo è proprietà del tesoriere Alfredo Messina, ex uomo di Publitalia, e i quattrini necessari per garantire con la fideiussione un partito oberato da 90 milioni di debiti escono dalla tasca del Cavaliere. E della famiglia.
I debiti
Anche da questo punto di vista molto dipenderà da quale parte Silvio Berlusconi sarà in grado di giocare nell’ultimo tratto della sua avventura politica. In questo quadro, tra i vertici di FdI molti danno per scontato non solo l’afflusso di massa degli ex azzurri ma anche un esodo dei dirigenti, soprattutto di seconda e terza fila. In realtà gli elettori di Forza Italia sono soprattutto elettori di Berlusconi, moltissimi non si riconoscono nella retorica ’estremista’ di Fratelli d’Italia e della Lega, e dunque pure il sogno che diversi azzurri coltivano di trovare subito un riparo sotto le bandiere di Giorgia appare troppo ottimista.
L’erede
L’alternativa è ridotta alla capacità, davvero esigua, di trovare un erede per il gran capo – la primogenita Marina finora ha rifiutato il ruolo – individuando un leader carismatico capace di rifondare il partito, oppure a una diaspora sia di eletti che degli elettori a tutto campo. Verso FdI, nel Nord soprattutto verso la Lega ("non è un mistero il buon rapporto della capogruppo al Senato, Licia Ronzulli con Salvini" osserva qualcuno), verso il Terzo polo che non vede l’ora di rimpinguare i forzieri.
Le parole di Calenda
Impaziente, Carlo Calenda anticipa i tempi: "Con la sua malattia si chiude la seconda Repubblica. Non ho mai creduto alla successione di Berlusconi". Parole che provocano un’ondata di sdegnata irritazione da parte degli azzurri. "Commenti inopportuni di un politico improvvisato", insorge Maurizio Gasparri. "Forza Italia è Berlusconi: chieda scusa", incalza Paolo Barelli. Certo, l’analisi di Calenda non è disinteressata. Ma è quella che più si avvicina alla realtà.