Mercoledì 8 Gennaio 2025
Beppe Boni
Politica

Manovre dell’intelligence, i servizi dopo Belloni: arriva il successore

Il Cdm potrebbe già nominare il nuovo capo del Dis dopo le dimissioni a sorpresa. I rapporti freddi con Mantovano e Tajani dietro il passo indietro dell’ambasciatrice

Roma, 8 gennaio 2025 – Il nome e il cognome di chi deve sedersi alla consolle della cabina di regia dell’intelligence, il Dis, dopo l’uscita di scena (sbattendo la porta) di Elisabetta Belloni probabilmente è già nell’agenda del governo, dopo il frullio di ipotesi di questi giorni, ristretto in un cerchio di poche figure. Domani potrebbe essere il giorno della svolta: alle 18 si riunisce il Consiglio dei ministri. E lì non è escluso che, tra le altre cose, si decida proprio il successore di Belloni che ha dato le dimissioni a partire dal 15 gennaio con quattro mesi di anticipo dall’organismo che coordina le due agenzie Aise (Estero) e Aisi (interni). Una tegola per la premier Giorgia Meloni, a cui tocca la nomina sentito il Comitato parlamentare per la sicurezza (Copasir), appena tornata col sorriso dalla missione americana presso il presidente Donald Trump, in procinto di insediarsi alla Casa Bianca.

Elisabetta Belloni
Elisabetta Belloni

Nella corsa alla poltrona del Dis per ora hanno staccato gli altri il direttore dell’Aisi, l’Agenzia informazioni e sicurezza interna, Bruno Valensise (già vice del Dis e capo dell’Ufficio segretezza), il prefetto Vittorio Rizzi, ora vice dell’Aisi, preparatissimo, più indietro il prefetto di Roma Lamberto Giannini (grande esperto di terrorismo), o anche la vice di Belloni, Alessandra Guidi e il capo di Aise Gianni Caravelli (sponsorizzato dal sottosegretario Mantovano). Nei giorni scorsi erano spuntati pure i nomi del generale dei carabinieri Mario Cinque, vice dell’Arma (potrebbe essere girato all’Aisi) e del generale dell’Esercito Francesco Figliuolo, appena promosso vice dell’Aise dopo aver lasciato il ruolo di commissario alla ricostruzione post alluvione di Emilia-Romagna e Marche e, infine, il comandante della Guardia di Finanza, Andrea De Gennaro.

Si chiarisce intanto cosa ha scatenato il putiferio delle dimissioni natalizie del capo del Dis che si è sentita troppo spesso scavalcata. Un affaire che viene da lontano. La lettera di dimissioni dopo mesi di frizioni, contrasti, incomprensioni con il sottosegretario Alfredo Mantovano, l’autorità delegata alla sicurezza, è stata presentata il 23 dicembre, ma la notizia doveva uscire in modo soft a metà gennaio. Poco prima di Natale proprio con Mantovano pare ci sia stata un’ultima (l’ennesima) animata discussione che ha fatto dire a Belloni “adesso basta, me ne vado, mi dimetto”. Il caso Cecilia Sala è quello che ha fatto traboccare il vaso a partire dalle opposte visioni già all’indomani dell’arresto della giornalista, quando ancora non era stato reso pubblico. Belloni (che già seguì il caso dei due marò) pare volesse avviare una trattativa con triangolazione puntando su una contropartita di altro genere con gli iraniani. Altra idea quella del tandem Mantovano-Caravelli che invece fin dall’inizio hanno avuto in testa uno scambio tipo “ponte delle spie”.

Dunque scontri, malumori, visioni opposte. Non è finita. La direttrice Dis ha preso come uno sgarbo insanabile il non essere stata inviata a Teheran tra il 20 e il 21 dicembre (due giorni dopo il fermo di Sala) durante la prima visita dell’ambasciatrice italiana, schiaffo replicato con una riunione di vertice a Palazzo Chigi dalla quale è stata esclusa. “Così non si può andare avanti”, titoli di coda. Giorgia Meloni, che l’aveva sempre difesa cercando di mantenere un difficile equilibrio, a quel punto pure lei ha deciso di chiudere la partita.

Con Mantovano la direttrice del Dis ha sempre avuto rapporti scomodi, tanto che spesso il sottosegretario preferiva confrontarsi con il capo di Aise, Gianni Caravelli. E lei si sentiva dribblata. Con Matteo Salvini, vicepremier, zero rapporti, con Antonio Tajani, ministro degli Esteri, rapporti pessimi. Uno scenario invivibile, con l’aggiunta che dal punto di vista politico Belloni viene dalla nomina targata Mario Draghi. Eppure con Meloni i rapporti sono sempre stati professionalmente e personalmente buoni anche se la premier aveva arricciato il naso più volte per l’eccessiva esposizione di Belloni sullo scenario del G7 a presidenza italiana dove ha svolto il ruolo di sherpa (scelta da Meloni) e per la candidatura al posto di Fitto, volato in Europa, come ministro per il Pnrr. L’ex capo del Dis, veterana della diplomazia e della geopolitica, non lo dice ma guarda già altrove, verso Bruxelles, dove Ursula von der Leyen sta per ritagliarle un ruolo su misura sui fronti sicurezza e immigrazione.