Lunedì 23 Dicembre 2024
ALESSANDRO D’AMATO
Politica

Il caso Bari. Ciconte: "Infiltrazioni in Puglia. Sciogliere il Comune? Non ci sono elementi"

Lo storico esperto di mafia: la Sacra Corona Unita punta a legarsi alla politica. "Nel caso del capoluogo però Piantedosi avrebbe dovuto attendere il prefetto"

Roma, 22 marzo 2024 – “Ha ragione Decaro. Per un motivo molto semplice. Il ministro avrebbe dovuto attendere che la proposta di una commissione d’accesso venisse dal prefetto". Il professor Enzo Ciconte, già deputato del Pci e oggi docente di Storia delle mafie all’università di Pavia, non ha dubbi nel rispondere alla domanda su chi sia nel giusto tra Matteo Piantedosi e il sindaco di Bari sul caso politico nato dall’inchiesta Codice Interno. "Anche perché c’è un fatto: la consigliera che è passata dal centrodestra al centrosinistra e oggi sotto indagine non è determinante nella maggioranza del consiglio. La legge parla di elementi ‘concreti, univoci e rilevanti’ per lo scioglimento".

Enzo Ciconte, docente di Storia delle mafie all'Università di Pavia
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Eppure agli atti dell’inchiesta c’è una funzionaria che ha dato 700 euro a un pregiudicato per farsi restituire l’auto rubata. Il ministero dice che è la prova della necessità della commissione.

"Ma per il commissariamento deve essere compromesso il processo decisionale della giunta. Invece la magistratura dice che Decaro si è sempre speso contro la mafia. Il sindaco di Bari vive da otto anni sotto scorta: agli atti dell’inchiesta ci sono intercettazioni in cui i mafiosi dicono che devono votare qualcun altro perché Decaro non parla, gli altri sì. In più, se si arrivasse allo scioglimento oggi l’impressione sarebbe che il consiglio è infiltrato dalla mafia. E decadrebbe nella sua interezza. Questa legge la facemmo nel 1991. Ora c’è bisogno di una revisione".

E come andrebbe cambiata?

"Invece di sciogliere i consigli si può creare uno strumento di accompagnamento affinché non ci siano condizionamenti: due o tre persone che possono accompagnare l’amministrazione nella gestione. Ma non si può affidare tutto al ministro dell’Interno, che può essere sottoposto a pressioni. Ovvero quello che è successo in questa occasione, visto che si vota tra tre mesi. Anche se sono convinto che alla fine il consiglio non sarà sciolto. Ma intanto l’immagine è stata appannata".

E quindi cosa dovrebbe succedere adesso?

"La mia domanda è semplice. Ma perché la premier, che dice di essersi ispirata nella sua attività politica al messaggio di Borsellino, non dice che questa politica va contro i suoi ideali? Perché non ferma il ministro dell’Interno?".

L’inchiesta parla comunque di un dominio assoluto del clan Parisi sulla vita economica e istituzionale della città.

"Certo, ma si tratta di un fenomeno antico. L’infiltrazione a Bari e in Puglia è pesante, nessuno lo nega: c’è una Sacra Corona Unita ancora forte e cerca di legarsi alla politica. Per questo è importante contrastare il fenomeno"

Lei ha scritto molti libri sulla cosiddetta Quarta Mafia. Cosa la accomuna e in cosa è diversa dalle altre mafie?

"La moderna Sacra Corona Unita ha elementi in comune con le altre organizzazioni mafiose più antiche. Per esempio la presenza nelle carceri, dove nacquero la mafia tarantina e barese dell’Ottocento così come la Scu su mandato della ‘ndrangheta. E poi ci sono i riti di iniziazione. Ma anche la mafia barese e quella tarantina hanno un pedigree antico, che affonda le sue radici nell’Ottocento. E anche all’epoca c’era la polemica sul parlare di mafia, perché così si sfregiava il volto della città. Nulla di nuovo sotto il sole".