“È stata una sconfitta netta". La segretaria del Pd ammette la disfatta, anche se addolcisce la pillola: "Sapevamo che sarebbe stata difficile, non si ricostruisce in due mesi. E poi da soli non si vince". Dal Nord al Sud alle isole, dove si votava per il primo turno, il Pd perde ovunque. Nei capoluoghi al ballottaggio finisce 5 a 1 per la maggioranza di governo (4 a 2 il parziale di due settimane fa) con il ’caso’ di Terni dove vince un candidato autonomo ma di area. Cade la roccaforte Ancona, governata per oltre 30 anni da amministrazioni di centrosinistra e ultima ridotta nelle Marche. Nessun recupero in Toscana: rimangono in mano alla destra le città conquistate nelle precedenti elezioni. A Pisa e Massa l’esito era chiaro due settimane fa, Siena invece è una delusione amara perché il Pd aveva sperato fino all’ultimo di farcela.
Particolarmente cocente la sconfitta a Brindisi, in mano al centrosinistra. Simbolicamente significativa la batosta di Sestri Levante. Nella (ex) base rossa la destra dell’indipendente Francesco Solinas dilaga. Lanciato dal consigliere regionale di Forza Italia, Claudio Muzio, in contrasto con i vertici nazionali, e da una parte della Lega aveva rifiutato l’apparentamento con il ’rivale’ di centrodestra dopo averlo sconfitto, ma non c’è stato niente da fare.
E che dire di Campi Bisenzio? Il candidato appoggiato dalla sinistra di Fratoianni e da M5s batte quello democratico: "L’originale ha sempre la meglio sulla copia", ironizzano i renziani. Il Pd segna il punto della bandiera solo a Vicenza con la vittoria del giovane Giacomo Possamai. Per Schlein è un successo con una punta di amarezza: il candidato moderato e lettiano aveva chiesto a lei e ai big democratici di non farsi vedere in città per la campagna elettorale, puntando sulla dimensione locale. Temeva che il danno prevalesse sul vantaggio.
Ben altri umori circolano nella maggioranza. Fresco di faccia a faccia con il Cavaliere ad Arcore, Salvini va giù pesante: "Straordinari risultati per la Lega e il centrodestra in tutta Italia. Non c’è che dire: un ottimo effetto Schlein". Molto più discreta Giorgia Meloni: "Non esistono più le roccaforti. È stato premiato il nostro buongoverno e la nostra concretezza. Andremo avanti con le riforme". Pacato anche Silvio Berlusconi: "Grandi soddisfazioni dai ballottaggi per Forza Italia e per il centrodestra". Intemperanze salviniane a parte, il problema si pone davvero. Certo le amministrative, specie in città piccole dove prevalgono gli interessi locali sono un test relativamente infedele. M a è un fatto che il richiamo di Elly non sia bastato per portare ai seggi gli astensionisti.
La speranza era che molti elettori delusi dalle giravolte del Nazareno tornassero a votare dopo la vittoria della segretaria "di sinistra". Così non è stato, e l’affluenza è da brivido: quasi nove punti in meno del primo turno, sotto la soglia del 50 per cento (49,64%). Chiaro che per il Nazareno il lavoro di immagine e l’enunciazione di principi non basta. Schlein deve dare prova di sè nella politica oppure rischia che le attese si trasformino in delusione. E c’è un secondo nodo che pure la segretaria ha evidenziato: l’assenza di una coalizione credibile e stabile. Le alleanze a macchia di leopardo con il movimento di Conte hanno penalizzato tutti, lo stesso M5s è uscito smantellato dal voto. Ma nel complesso è evidente che la mancanza di una proposta politica definita ha punito anche il Pd.
La destra esce consolidata dalla prova: ha ancora il vento in poppa – come testimoniano in Europa i risultati in Spagna e in Grecia – e sfata il tabù del ballottaggio, da sempre terreno favorevole per il centrosinistra. Ad essere pignoli l’esito del voto di lista non è stato brillantissimo neppure per Giorgia che ha preso meno punti delle politiche. E la Lega, che esulta per la conquista del sindaco a Ventimiglia, è uscita un po’ ammaccata dalle elezioni anche perché le vittorie del Pd a Vicenza e, nel primo turno, a Brescia sono nel cuore dei suoi territori. Ma al cospetto di un trionfo simile sono problemi di poco conto: al momento non si può dare torto al capo dei senatori di FdI, Lucio Malan, che dice: "L’effetto Schlein non esiste, l’effetto Meloni sì".