Lunedì 23 Dicembre 2024
LUCA ZAIA
Politica

Autonomia, la versione di Zaia: “È una rivoluzione necessaria. Sanità giusta ed efficiente per tutti”

Pubblichiamo in anteprima un estratto del libro del governatore del Veneto, in uscita oggi

Luca Zaia, presidente della Regione Veneto (Roberto Serra / Iguana)

Luca Zaia, presidente della Regione Veneto (Roberto Serra / Iguana)

Venezia, 12 novembre 2024 – Per quanto riguarda il settore sanitario, già da anni decentramento e devoluzione sono una realtà. Quello che molti dipingono come un totem intoccabile, infatti, secondo le leggi dello Stato italiano, viene gestita dalle Regioni per oltre il 90% delle competenze. (...) Se c’è un settore in cui è evidente che l’autonomia non è in contrasto con l’assetto unitario, è proprio la sanità. L’erogazione dei servizi sanitari è inquadrata in un sistema nazionale e tale deve restare, per garantire che sia basata su linee guida uniformi e livelli essenziali uguali per tutti. Su come distribuire questi servizi, ogni Regione può regolarsi nel modo più confacente alle sue necessità o più vantaggioso per raggiungere un obiettivo che considera prioritario.

Nel 2013, ad esempio, il Veneto ha creato all’interno delle aziende sanitarie le Breast Unit, centri dedicati con uno specifico protocollo che va dallo screening alle terapie più mirate per i tumori al seno. Ha ritenuto che fosse indispensabile fornire alle pazienti un percorso unico che le accompagnasse dalla diagnosi all’auspicata guarigione. È grazie alla gestione regionale della sanità se si è potuta introdurre questa innovazione, peraltro a costo zero e a parità di personale, semplicemente con una redistribuzione più efficace dei compiti. (...) E questo è solo uno degli esempi utili a dimostrare che non si può impedire a un’amministrazione di essere efficiente in nome di un mal interpretato concetto di unità, che paradossalmente porta a livellare verso il basso la qualità dei servizi e, così facendo, ostacola la crescita.

Sarebbe questo il principio di uguaglianza? O non sarebbe invece più giusto puntare a organizzare i servizi in maniera più efficiente e garantire cure migliori a tutti gli italiani? Ed è forse uno scandalo pensare che, se questo è possibile in alcune regioni, possa esserlo anche in altre? Sono domande che invito anche i cittadini del Sud a porsi. Così come li invito a chiedersi perché alcune soluzioni sono attuabili in certe regioni e non in altre. Non credano alle favole per cui tutti i soldi sarebbero finiti chissà dove. (...) Ci sarà pure qualcuno che voglia verificare questa versione dei fatti, ad esempio ripercorrendo la storia più recente del Veneto. Scoprirà che nella mia regione, a partire dal dopoguerra, la rete ospedaliera è stata profondamente riformata portandola ai vertici della sanità italiana, peraltro con misure drastiche.

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Pubblichiamo in anteprima un estratto del libro del governatore del Veneto, in uscita oggi

E la sanità del futuro sarà ancora più efficace, specialistica e deospedalizzata; i ricoveri verranno limitati allo stretto necessario e il sistema diventerà più flessibile, con l’ausilio di applicazioni di telemedicina, device, intelligenza artificiale e tecnologie di ultima generazione. Chi non è capace di scorgere questo futuro, chi non si preoccupa di preparare il terreno perché la transizione a nuove e più snelle forme di assistenza sanitaria sia agevole e indolore, ma continua a comportarsi come se il mondo non cambiasse, tra un decennio non potrà dire che è colpa delle regioni più ricche che hanno prosperato ai danni di quelle più povere. (...)

È ovvio che, davanti alle sofferenze dei cittadini, (...) nessuno ha mai pensato alla sanità in termini di lucro. (...) Obiettivo primario della riforma è porre le basi affinché ogni cittadino possa ottenere risposte adeguate alle sue esigenze nel luogo più vicino a quello in cui vive, senza nulla togliere al sacrosanto diritto di ciascuno di scegliere dove curarsi e la struttura che giudica più confacente alle sue necessità. La mobilità sanitaria, dunque, sarà garantita sulla base degli accordi fra le Regioni, accordi che già oggi dovrebbero essere operativi, ma che molte Regioni non attuano perché impossibilitate ad assicurare tutti i livelli essenziali.