Roma, 14 novembre 2024 - La Corte costituzionale ha ritenuto "non fondata" la questione di costituzionalità dell'intera legge sull'autonomia differenziata, considerando invece "illegittime specifiche disposizioni" dello stesso testo legislativo. Lo fa sapere Palazzo della Consulta con una nota.
La Corte, in particolare, ha ravvisato "l'incostituzionalità" di alcuni profili della legge, in primis "la possibilità che l'intesa tra lo Stato e la regione e la successiva legge di differenziazione trasferiscano materie o ambiti di materie, laddove la Corte ritiene che la devoluzione debba riguardare specifiche funzioni legislative e amministrative e debba essere giustificata, in relazione alla singola regione, alla luce del richiamato principio di sussidiarieta'". E ancora: "il conferimento di una delega legislativa per la determinazione dei livelli essenziali delle prestazioni concernenti i diritti civili e sociali (Lep) - osserva Palazzo della Consulta - priva di idonei criteri direttivi, con la conseguenza che la decisione sostanziale viene rimessa nelle mani del Governo, limitando il ruolo costituzionale del Parlamento", nonché la previsione che sia un decreto del Presidente del Consiglio dei ministri a determinare l'aggiornamento dei Lep", il "ricorso alla procedura prevista dalla legge di bilancio per il 2023 per la determinazione dei Lep con Dpcm sino all'entrata in vigore dei decreti legislativi previsti dalla stessa legge per definire i Lep", la "possibilità di modificare, con decreto interministeriale, le aliquote della compartecipazione al gettito dei tributi erariali, prevista per finanziare le funzioni trasferite, in caso di scostamento tra il fabbisogno di spesa e l'andamento dello stesso gettito; in base a tale previsione, potrebbero essere premiate proprio le regioni inefficienti, che, dopo aver ottenuto dallo Stato le risorse finalizzate all'esercizio delle funzioni trasferite, non sono in grado di assicurare con quelle risorse il compiuto adempimento delle stesse funzioni", la "facoltatività, piuttosto che la doverosità, per le regioni destinatarie della devoluzione, del concorso agli obiettivi di finanza pubblica, con conseguente indebolimento dei vincoli di solidarietà e unità della Repubblica" e "l'estensione della legge n. 86 del 2024, e dunque dell'art. 116, terzo comma, Cost. alle regioni a statuto speciale, che invece, per ottenere maggiori forme di autonomia, possono ricorrere alle procedure previste dai loro statuti speciali".
L'autonomia differenziata "deve essere funzionale a migliorare l'efficienza degli apparati pubblici, ad assicurare una maggiore responsabilità politica e a meglio rispondere alle attese e ai bisogni dei cittadini", rileva Palazzo della Consulta rendendo nota la sua decisione sulla legge Calderoli, sottolineando che la "distribuzione delle funzioni legislative e amministrative tra i diversi livelli territoriali di governo, non debba corrispondere all'esigenza di un riparto di potere tra i diversi segmenti del sistema politico, ma debba avvenire in funzione del bene comune della società e della tutela dei diritti garantiti dalla nostra Costituzione. A tal fine, è il principio costituzionale di sussidiarietà che regola la distribuzione delle funzioni tra Stato e regioni". L'articolo 116, terzo comma, della Costituzione (che disciplina l'attribuzione alle regioni ordinarie di forme e condizioni particolari di autonomia), dunque, "deve essere interpretato nel contesto della forma di Stato italiana: essa - osserva la Corte - riconosce, insieme al ruolo fondamentale delle regioni e alla possibilità che esse ottengano forme particolari di autonomia, i principi dell'unità della Repubblica, della solidarietà tra le regioni, dell'eguaglianza e della garanzia dei diritti dei cittadini, dell'equilibrio di bilancio".
Le opposizioni festeggiano
Le opposizioni festeggiano la bocciatura da parte della Consulta di gran parte dell'impianto dell'autonomia differenziata. Ma la sentenza della Corte potrebbe sottrarre al centrosinistra l''arma' del referendum. Rischiano di essere superati? Per capirlo, dice a caldo il costituzionalista Stefano Ceccanti, occorrerà aspettare la "sentenza definitiva" che uscirà solo nelle prossime settimane. Attorno alla raccolta firme per il referendum si era realizzato nei mesi scorsi in uno pochi momenti di unità delle opposizioni con tanto di manifestazione in piazza Santi Apostoli con tutti i leader. Nell'attesa di capire se il referendum si potrà fare o meno, Italia Viva comunque continua a spingere per la consultazione e "cancellare" definitivamente la riforma Calderoli. Azione invece invita ad aprire "una riflessione seria", ora che la Consulta "ha demolito" la legge, in Parlamento visto che il provvedimento è stato rispedito alle Camere per le correzioni necessarie rilevate dai giudici costituzionali. Al di là delle differenziazioni, tutte le opposizioni esultano per lo stop. Con il Pd a rimarcare 've lo avevamo detto' che così la legge non sarebbe passata. "Qualche mese fa il ministro Salvini si è rivolto a me dicendo che l'autonomia è prevista nella Costituzione e me ne avrebbe regalato una. Può tenersela e regalarla alla Meloni, che se la rileggano insieme. Bastava leggere insieme la Costituzione per evitare l'ennesimo flop, e non è l'unico", sottolinea Elly Schlein. Per Giuseppe Conte "Meloni, Salvini e Tajani volevano fare a pezzi il tricolore e la nostra unità. L'Italia è una e solidale, la difenderemo sempre, con la massima determinazione. Con la più intensa passione. Se ne facciano una ragione". E ancora Nicola Fratoianni: "Finisce malissimo lo Spacca Italia. La Corte costituzionale ha letteralmente fatto a pezzi la legge voluta a tutti i costi dalla destra facendone emergere tutte le caratteristiche antidemocratiche e pericolose per la tenuta del Paese". Mentre Angelo Bonelli rimarca: "La sentenza è una demolizione della legge Calderoli e lo stop del mercimonio politico tra Meloni e Salvini, che scambiano il premierato con l'autonomia differenziata. L'Italia non è in vendita". Per il responsabile Riforme Pd, Alessandro Alfieri "la Corte Costituzionale riconosce molte delle questioni che come Partito Democratico abbiamo sollevato e sono state oggetto di aspro confronto parlamentare con la maggioranza", compresa quella della clausola "di invarianza finanziaria, una solenne presa in giro, non si fanno le nozze coi fichi secchi.Che dire? Colpita e affondata". Per Dario Nardella si tratta di uno "schiaffo all'arroganza del Governo Meloni e al disegno perverso di smantellamento del sistema istituzionale italiano. Prevarrà ora finalmente la ragionevolezza di fermare completamente questa riforma assurda?". Mentre Marco Sarracino, responsabile Sud della segreteria Schlein, mette sul tavolo le dimissioni di Roberto Calderoli. Una richiesta rilanciata anche da Peppe Provenzano: "'L'autonomia differenziata del governo Meloni fa la fine che doveva fare: bocciata per incostituzionalità. Tutte le norme più rilevanti della legge sono state dichiarate illegittime dalla Consulta. Ora, la Calderoli deve tornare in Parlamento. Il Calderoli dovrebbe andare a casa". Ironizza Filippo Sensi: "Mi sa che st'autonomia l'hanno scritta gli stessi dell'Albania...".