Giovanni Diamanti, co-fondatore dell’agenzia di comunicazione e marketing politico Quorum e dell’istituto di ricerca e analisi demoscopica YouTrend. Il Pd usa toni trionfalistici, ma i numeri non sembrano proprio giustificarli. Sembra piuttosto un livellamento verso il basso.
"La settimana scorsa i dati di Torino sono stati tragici per il Pd, quindi c’era il timore che ci fosse una ondata generalizzata in tutto il Paese, in un rifiuto generalizzato delle primarie. Oggi (ieri, ndr) i dati mostrano sicuramente una leggera inversione di tendenza rispetto alle primarie di Torino. Ma a me pare che non ci sia tanto da festeggiare. Si è superata l’asticella minima, poco di più".
Primarie Pd a Roma e Bologna, vincono Gualtieri e Lepore
Le primarie mostrano i loro limiti?
"Vedo nelle primarie dei limiti che prima non vedevo. Se il Pd ha un candidato forte è più probabile che le primarie abbiano la funzione di azzopparlo piuttosto che legittimarlo e rafforzarlo. Se invece le primarie sono molto competitive – come ha detto Prodi sono "con il sangue che scorre" – allora sono valide, ma solo se poi c’è il tempo per ricompattarsi. Questo significa che le primarie, anche se fatte con candidati competitivi tra di loro, vanno fatte un po’ prima, non a tre mesi dal voto, perché a Bologna ci si è scontrati duramente e non basta un appoggio formale di chi ha perso per ricompattarsi. Serve un ricompattamento di una intera area, c’è bisogno di tempo. Primarie fatte così a ridosso hanno i loro rischi".
Dice Letta: "Bologna e Roma sono chiaramente due situazioni molto diverse, ma il metodo è quello giusto". Concorda?
"La sua è una opinione politica. La scommessa del Pd è che le primarie siano uno strumento ancora efficace. Un tempo i numeri erano ben diversi. È vero che i tempi sono cambiati ma questo livello di partecipazione potrebbe essere un campanello di allarme".
Hanno senso le primarie come quelle a Roma nella quale c’erano sette candidati, ma l’esito era nei fatti già scritto? A che cosa devono servire le primarie, a ratificare le scelte dell’apparato?
"Gualtieri aveva solo rischi a partecipare alle primarie, ma è riuscito a uscirne abbastanza bene. Ne esce relativamente rafforzato pur avendo corso molti rischi. Non era scontato, poteva andare come a Torino".
Ma affermarsi tra i propri militanti rischia di non intercettare consensi tra gli elettori meno politicizzati o di altri schieramenti? In altre parole, le primarie rischiano di produrre i candidati sbagliati per vincere la corsa a sindaco?
"Questo può succedere in alcune occasioni. Per questo è essenziale fare le primarie per tempo. Come ha detto Romano Prodi".
Sono ancora uno strumento valido per un partito come il Pd?
"Sì, fino a che non si trova qualcosa di meglio. Sempre più si vedono i limiti di uno strumento che in Italia è sempre stato imperfetto e che sta perdendo la sua spinta propulsiva. Credo che il Pd farebbe bene a interrogarsi su questo. La realtà è che oggi, rispetto a qualche anno fa le primarie si possono mettere in discussione".