Roma, 26 agosto 2018 - Il 2019 sarà l’anno del maxi-piano di circa 450mila nuove assunzioni nella Pa, con lo sblocco integrale del turnover dopo qualche decennio di fermo? Da dove nasce il progetto?
"A questo puntiamo – spiega decisa il ministro della Pubblica amministrazione, Giulia Bongiorno –. Per troppo tempo in Italia il risanamento dei conti è passato attraverso i tagli alla spesa pubblica, anche con riferimento alle assunzioni. Credo che sfuggano le conseguenze di questi tagli perché si pensa che tagliare la Pa significhi tagliare i fannulloni. La verità è più complessa: i tagli hanno conseguenze devastanti per ciascuno di noi. Faccio solo un esempio: se nei tribunali manca il personale amministrativo la giustizia si paralizza, e un processo che dura sette anni – oltre a essere profondamente ingiusto – mette in fuga gli investitori stranieri. Mutilare la Pubblica amministrazione significa dunque, in prospettiva, bloccare lo sviluppo del Paese".
L’operazione servirà anche a ‘svecchiare’ una Pa nella quale l’età media è notevolmente cresciuta negli anni: c’è da attendersi anche un impatto positivo sull’efficienza digitale dei servizi pubblici?
"Sicuramente sì e lo reputo essenziale, ma vorrei fare una precisazione. Forse perché ho cinquantadue anni, l’età media all’interno della Pa, non credo che passati i cinquanta si vada necessariamente ‘fuori corso’. Senza dubbio nuove risorse più giovani sono essenziali soprattutto in un settore come la trasformazione digitale, che rappresenta la grande sfida dei prossimi anni e per la quale, nonostante gli annunci fatti in passato, siamo infatti ancora all’inizio del processo. Allo stesso tempo, sono però convinta che l’esperienza sia un valore e che in quanto tale debba essere messa a frutto".
Dunque, oltre agli aspetti quantitativi, il piano contempla anche l’assunzione di nuovi profili professionali finora carenti nella Pa?
"È senz’altro possibile: per esempio, serviranno molti esperti informatici proprio per la trasformazione digitale. Deve essere chiaro che non intendiamo fare infornate generalizzate di personale, ma selezionare le professionalità indispensabili".
Perché ha chiamato il piano ‘Concretezza’?
"In primis, perché non mi è mai piaciuta la consuetudine di dare alle leggi il nome del legislatore e preferisco che sia indicato l’obiettivo perseguito: nello specifico, vorrei mettere in campo misure che abbiano un impatto immediato. Non ha senso continuare a fare maxi-riforme che si accavallano: si perde moltissimo tempo, anche solo per interpretare tutte le norme che si sovrappongono. Oggi servono più che mai chiarezza e concretezza, bisogna essere incisivi".
La svolta sulle assunzioni è solo un capitolo del pacchetto complessivo: quali altri interventi contempla?
"Prendendo a prestito un termine calcistico, ho in mente un tridente offensivo. È vero, servono nuove risorse, ma chi è già nella Pa dev’essere messo nelle condizioni di lavorare meglio: c’è tanta gente che serve lo Stato con correttezza e professionalità, ma è innegabile che si possa chiedere molto di più. Prima di tutto, bisogna combattere l’assenteismo e fare una riforma della dirigenza".
L’assenteismo rimane un male cronico della Pa: come si può combatterlo efficacemente?
"L’assenteismo è un duplice tradimento: nei confronti della collettività, perché i servizi ne risentono, e nei confronti di chi lavora onestamente. Mettere in campo ogni misura atta a prevenirlo è un dovere, non un’opzione: per questo penso a rilevazioni biometriche, come le impronte digitali o la scansione dell’iride".
La riforma della dirigenza: nessuno è riuscito a farla. Su che cosa intende fondare la sua?
"In un sistema che scricchiola, semplicemente non è realistico che le valutazioni delle performance siano sempre eccellenti. Tutti prendono il massimo, ma solo perché raggiungono obiettivi banali che loro stessi hanno fissato. Per far emergere il merito servono obiettivi sfidanti e valutazioni rigorose e imparziali".
Ci sono le condizioni politiche per realizzare il piano? Come si sta sviluppando il rapporto con i 5 Stelle?
"Capisco che, in astratto, la presenza di due forze diverse possa far sorgere dubbi sulla solidità del governo, ma sono convinta che le nostre diversità si incastrino perfettamente. Inoltre, giocoforza ci si deve mettere costantemente in discussione e il confronto continuo può persino rivelarsi una marcia in più. Insomma, abbiamo sensibilità diverse su alcuni temi ma fino ad ora non ho ravvisato fratture o incompatibilità: piuttosto, capacità di ascolto e voglia di costruire".