Giovedì 21 Novembre 2024
ANTONELLA COPPARI
Politica

Il caso Arianna Meloni, FdI: complotto contro di noi. L’ira dei magistrati: "Vogliono delegittimarci"

La premier rispolvera i toni usati quando si scontrò col Cavaliere: "Non ci faremo ricattare". Santalucia (Anm): tesi fondate sul nulla, solo insinuazioni. Renzi: il governo pensi alle riforme

Roma, 20 agosto 2024 – È un fuoco, non è solo un gioco con buona pace di Lucio Battisti. Perché la fobia della premier per gli ’scenari opachi’, anche solo sospettati, nasce da lontano. Non era ancora a capo del governo, nell’ottobre del 2022, quando Giorgia Meloni chiarì a Silvio Berlusconi, e con lui all’Italia: "Io non sono ricattabile". Figurarsi ora che il fattaccio arriverebbe a lambirla personalmente. Si spiega anche così questo scenario apparentemente assurdo in cui la contesa c’è ma l’oggetto del contendere ancora no. Questa iscrizione nel registro degli indagati di Arianna Meloni per traffico di influenze resta al momento solo ipotetica. Di certo la destra si comporta come se l’allarme lanciato dal direttore del Giornale, Alessandro Sallusti con l’ipotesi di un asse fatto da quotidiani ostili, sinistra e pm militanti fosse accertato, denunciando con toni altissimi: "Non siamo ricattabili". Non è un caso che sia la stessa formula usata da Giorgia.

Giorgia Meloni con la sorella Arianna
Giorgia Meloni con la sorella Arianna

Il j’accuse irrita, naturalmente, i magistrati. Durissimo il presidente dell’Anm, Giuseppe Santalucia: "Si costruisce un articolo di stampa senza una notizia, utilizzando e dando corpo a insinuazioni, ricostruzioni fantastiche, illazioni prive di fatti. Il tutto scagliando sulla magistratura la grave e fantasiosa accusa di ordire complotti". Parole nette, che fanno il paio con quelle della sua vice, Alessandra Maddalena ("sorprende che si ipotizzino accordi per far cadere un governo") e con la nota diramata dall’Associazione nazionale magistrati: "Tesi fondate sul nulla". Ma il sottosegretario alla Giustizia Andrea Delmastro (FdI) rincara la dose: "Da Sallusti dati incontrovertibili. FdI chiede di non tirare le toghe per la giacchetta, l’Anm non dovrebbe dolersene". Non di quello si duole Santalucia, che insiste: "Colpisce la leggerezza con cui si infanga una Istituzione dello Stato e l’indifferenza di buona parte del mondo politico che, invece di condannare questo costume giornalistico, mostra di prenderne sul serio le vuote congetture". Certo, se poi venisse fuori che l’indagine c’è, i togati non ci farebbero una bella figura.

In realtà, la spiegazione della levata di scudi a destra contro la magistratura non è l’unica in circolazione. Matteo Renzi, leader di Iv da cui è partita la giostra con le interrogazioni di Raffaella Paita e Maria Elena Boschi su un presunto ruolo di Arianna Meloni, è un caso a parte: "Penso sia il ventunesimo complotto denunciato dalla premier. In questo governo ormai ci sono più complotti che riforme – ironizza – La mia critica è politica: abbiamo un paese in mano alla parentocrazia. Se la Meloni è preoccupata, se e quando avrà voglia ci spiegherà il perché".

Ma il grosso del centrosinistra non ha dubbi: "Vogliono distogliere l’attenzione dal fallimento delle loro politiche economiche e sociali". Tutto è possibile, ma che la premier utilizzi la sorella come arma di distrazione sembra poco consono con il suo carattere. La realtà è che la presidente del Consiglio soffre davvero una sindrome da assedio: se fosse confermata, l’indagine su Arianna (che è anche a leader vicaria di FdI) ne sarebbe il suggello. Ma iscrizione o meno della sorella d’Italia, gli elementi minacciosi che probabilmente sono all’origine del nervosismo della premier sussisterebbero comunque. Prima di tutto, l’Europa: domenica Giorgia ha visto Salvini per "un incontro conviviale". Ma nel convivio qualcosa di meno vacanziero se la sono detti. Difficile spiegare altrimenti i comunicati praticamente identici con cui ieri mattina il vicepremier leghista e quello azzurro, Antonio Tajani, hanno appalesato il loro entusiastico sostegno per l’indicazione di Raffaele Fitto commissario. Nella stessa giornata Fulvio Martusciello, capo delegazione di FI nel Parlamento europeo, avverte: "Prepariamoci alla battaglia sul commissario proposto da questo governo".

In somma, la premier teme qualche brutto scherzo a Bruxelles o a Strasburgo. Poi c’è l’economia: l’argomento è stato rinviato al vertice di maggioranza fissato per il 30 agosto. In quella occasione, almeno sul capitolo fondamentale dell’agenda, la manovra, ci sarà forse molto da dire e pochissimo da spendere. Le decisioni fondamentali sono già prese: 14 miliardi servono per confermare il taglio del cuneo e la rimodulazione delle aliquote Irpef. Il dibattito verterà su come dividersi le briciole della torta e tuttavia qualcosa bisognerà trovare perché non si possono lasciare del tutto a becco asciutto gli alleati forzisti e leghisti. A conti fatti, l’assedio c’è davvero, ma a determinarlo più che qualche manovra giudiziaria pur sempre possibile sono la cruda realtà e una sconfitta europea i cui costi il governo di Roma ha appena iniziato a pagare.