Roma, 9 novembre 2024 – Giorgia Meloni è una donna abile e fortunata. Ha dimostrato la sua abilità diplomatica passando nei primi di due anni di governo da leader misterioso estraneo al salotto buono dell’Occidente e perciò guardato con sospetto a kingmaker della nuova Europa, come l’ha definita la grande stampa internazionale. Il suo sostegno all’Ucraina, assicurato fin da quando era all’opposizione, le ha procurato le simpatie americane consentendole di stabilire un rapporto perfino confidenziale con l’amministrazione democratica (il celebre bacio sulla testa di Joe Biden). Questo le avrebbe assicurato una positiva continuità di rapporti con Kamala Harris, se avesse vinto. Ma ha vinto Trump. E in questo Giorgia Meloni è stata molto fortunata.
Il governo italiano è l’unico che non si è esposto in campagna elettorale perché aveva le spalle coperte sui due fronti: i democratici, per le ragioni che abbiamo esposto, e i repubblicani per la storica cuginanza con i conservatori e per il premio consegnatole da Elon Musk che di Trump è il portafoglio e il potentissimo consigliere strategico. Gli altri principali governi europei del “salotto buono“ (Francia, Germania, Spagna) tifavano Harris e la vittoria repubblicana aggrava la loro inedita debolezza: Macron ha un governo di minoranza, Scholz è senza governo e si avvia a perdere le elezioni anticipate, Sanchez è inseguito dagli alluvionati. Meloni guida il solo governo stabile d’Europa ed è – con la vittoria di Trump – il naturale punto di raccordo tra gli Stati Uniti e l’Unione.
Questo ruolo fa impazzire i socialisti e bisogna capirli: che una donna che non ha votato von der Leyen (per non danneggiarla) veda consacrato il suo potere con una vicepresidenza esecutiva per Fitto e un portafoglio ricchissimo è molto fastidioso. Per questo stanno facendo di tutto per bocciarlo. La promozione dei commissari deve avvenire con i due terzi dei voti e nessuno passa senza un accordo generale. Che finora c’è stato. Martedì tocca a Fitto, che grazie all’accordo tra Popolari, Conservatori e Patrioti verrà interrogato per primo. Dovrebbe essere la sua assicurazione sulla vita perché se cadesse lui cadrebbero come birilli i vicepresidenti liberale francese (Stéphane Séjourné, Industria) e socialista spagnola (Teresa Ribera, Green Deal).
Ma i socialisti non vogliono votarlo e allo stato non c’è una visibile dissociazione dei democratici italiani, divisi tra chi vorrebbe far prevalere l’interesse nazionale (come Decaro) e chi – più vicino alla segretaria Schlein – spera sotto sotto di festeggiare la sconfitta europea di Meloni. Se cade Fitto, salta tutto. I prossimi tre giorni vedranno un intenso lavorio democratico per evitare lo sfacelo.