Martedì 11 Marzo 2025
COSIMO ROSSI
Politica

Alessandro Alfieri (Pd): "Non possiamo dividerci. Linea comune sul riarmo"

Il leader della minoranza: l'Europa deve assumere un ruolo più centrale. "Il no di Schlein? Non c'è pace senza le necessarie garanzie di sicurezza"

Alessandro Alfieri (Pd): "Non possiamo dividerci. Linea comune sul riarmo"

Roma, 11 marzo 2025 –  "Il radicale mutamento impresso da Trump nelle relazioni con la Nato ed Europa è così drammatico che implica una risposta all'altezza della sfida non solo da parte del Pd, ma di tutto il Paese". Perciò Alessandro Alfieri, coordinatore di Energia popolare, si dichiara impegnato "fino all'ultimo per una posizione condivisa" di tutto il Pd. La cui segretaria Elly Schlein ha espresso le maggiori critiche tra i partiti di S&D sul piano di ReArm Europe. Scetticismo poco in sintonia coi vertici di Bruxelles e lo stesso Quirinale, altresì condiviso da larga parte della base dem e gli alleati 5 Stelle e Avs.

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Alessandro Alfieri (Ansa)

Senatore Alfieri, il Pd rischia di dividersi sul piano di riarmo europeo?

"Siamo tutti impegnati fino all'ultimo per una posizione condivisa. Serve la massima responsabilità: ci troviamo di fronte a un tornante della Storia dove non ci possiamo permettere divisioni come Paese ea maggior ragione come partito".

La bocciatura da parte della segretaria è stata esplicita...

"È essenziale spiegare perché il tema della sicurezza è intimamente legato a quello della pace. Non c'è pace duratura senza le necessarie garanzie di sicurezza e di protezione della nostra Europa. Oggi, mentre Trump modifica radicalmente i rapporti con l'Ue e dentro la Nato, è inevitabile che l'Europa si faccia carico della propria sicurezza che finora è stata garantita dall'ombrello Usa. Perciò sono fondamentali gli investimenti in difesa".

Ma con quale credibilità senza una politica estera comune?

"Sono collegate. Va superata la logica dell'unanimità, ma a 27 è complicato. Serve un'iniziativa dei Paesi fondatori che, condividendo un'agenda per rispondere alle minacce e alle sfide del nuovo scenario internazionale, costruisca il nucleo iniziale della difesa e perciò anche della politica estera e di sicurezza comuni. Questo si può fare anche agendo fuori trattato, come accadde per euro e Schengen. Se non ora quando?".

L'inversione del rigore frugale dei Paesi come la Germania non sarebbe più proficuo investire in progresso tecnologico e spesa sociale?

D'altronde investire in difesa oggi significa anzitutto colmare il gap tecnologico con gli Usa: siamo in ritardo sui satelliti, sullo scudo missilistico europeo, contrasto alle cyber-minacce, sicurezza dei cavi marini, dove passa oltre il 90% dei dati. La transizione ecologica e digitale è intimamente legata agli investimenti in difesa. Significa che il piano va tutto bene? No. Ci sono problemi e li abbiamo evidenziati. Occorrono maggiori integrazione tra le difese europee e strumenti che incentivano l'interazione dei sistemi, collaborazioni industriali fra Paesi e acquisti e programmi in ambito comunitario".

Ciò non rischia di spingere verso l'evocato conflitto armato con la Russia?

"Noi ci battiamo perché in tutte le risoluzioni ci siano forti riferimenti alla diplomazia per la pace. Che si realizza con la deterrenza e insieme con la politica. E, siccome il linguaggio ha il suo peso, spostare l'attenzione sulla protezione piuttosto che sul riarmo aiuterebbe la prospettiva politica della pace".

Ci sono rischi per le alleanze alle regionali con M5s e Avs?

"Siamo sempre stati bravi a tenere distinte le vicende locali da quelle nazionali. È evidente che prima o poi serviranno punti di sintesi. Un passo per volta".

E se, in caso di intervento militare, la Lega rompesse col governo?

"Non siamo a questo scenario. Ma in una fase in cui bisogna che il Paese e il nostro partito siano all'altezza della sfida. Perché, per citare Robert Schuman, “la pace non potrà essere salvaguardata se non con sforzi creativi proporzionali ai pericoli che la minacciano“".