Martedì 11 Febbraio 2025
ANTONELLA COPPARI
Politica

Albania Il governo rilancia

A Gjader un centro per il rimpatrio. Corte dell’Aja: chiarezza su Almasri. .

Il ritorno dei migranti dai centri dell’Albania dieci giorni fa

Il ritorno dei migranti dai centri dell’Albania dieci giorni fa

Serve una via d’uscita, anzi servono molte vie d’uscita. Propaganda a parte, il quadro politico per la premier registra una quantità intollerabile di vicoli ciechi. L’Albania, per esempio. I sondaggi parlano chiaro: ormai la maggioranza degli italiani vede quello che doveva essere il fiore all’occhiello del governo come un insensato spreco di soldi. Quei centri a qualcosa devono servire subito, prima dei pronunciamenti europei. Ecco perché prende corpo l’eventualità di un nuovo intervento normativo, stavolta non finalizzato a mettere in riga i magistrati, ma a trovare una destinazione d’uso per i centri fantasma di Gjader e Shengjin: l’ipotesi è convertirli da sedi di prima accoglienza in centri per il rimpatrio, destinati a ricevere migranti irregolari già presenti in Italia e destinatari di un decreto di espulsione. Non è semplice: per questo ieri – mentre Giorgia Meloni affrontava la questione migranti con il nuovo cancelliere austriaco, Alexander Schallenberg – si è tenuta una riunione tecnica a Palazzo Chigi. I capi segreteria e i capi degli uffici legislativi della presidenza del Consiglio, del Viminale e degli altri ministeri coinvolti si sono incontrati per approfondire le opzioni da mettere in campo e, soprattutto, per studiare la possibilità di procedere senza dover rivedere il protocollo siglato con il primo ministro di Tirana, Edi Rama. Riunione interlocutoria: niente è deciso, nemmeno la forma (decreto, disegno di legge o emendamento) delle nuove misure.

Altro vicolo cieco, che potrebbe diventare un guaio più grosso, è lo scontro con la Corte penale internazionale. Che ieri ha ufficialmente acceso i riflettori sul caso Almasri, all’esame da settimane della Camera preliminare dell’Aja. La Cpi ha chiesto a Roma spiegazioni sui motivi che hanno spinto le autorità a ignorare la richiesta di consegna del generale libico – per cui ha emanato un mandato di arresto internazionale – violando gli obblighi di cooperazione. E il dossier potrebbe persino finire sul tavolo del Consiglio di sicurezza dell’Onu. Un doppio pasticcio perché da un lato costringe la premier ad appiattirsi sulle posizioni di Donald Trump ma anche di Matteo Salvini che, all’ora di cena, dopo un’amabile chiacchierata con il premier israeliano Benjamin Netanyahu, osserva: "Gli ho confermato le mie perplessità rispetto alle recenti e indecenti decisioni della Cpi, organismo la cui esistenza e utilità dovranno essere rimessi in discussione". Dall’altro lato, l’ultima cosa a cui Meloni aspira è trovarsi sul banco degli imputati a livello internazionale.

Il tentativo di venirne fuori viene fatto con una lettera all’Aja nella quale il ministero della Giustizia chiede alla Cpi di avviare delle consultazioni funzionali a una comune riflessione sulle criticità che hanno connotato il caso Almasri al fine di scongiurare il ripetersi di situazioni analoghe. È improbabile che la formula risulti gradita all’Aja. Parlare di criticità così allude a limiti nel funzionamento della corte non nella risposta italiana, difesa a spada tratta in Parlamento. Il problema della premier è trovare una via d’uscita che le permetta di tenere il punto senza arretrare di un centimetro.

Stessa problematica si evidenzia sul fronte interno più caldo, quello dello scontro con la magistratura. FdI sembra raccogliere la fune lanciata dal nuovo presidente dell’Anm, Cesare Parodi. Il presidente della commissione Affari costituzionali del Senato, Alberto Balboni, si allarga: "È possibile modificare la riforma in Senato". Dopo la solerzia con cui Giorgia Meloni aveva accolto l’invito al dialogo, parole simili, ripetute da diversi esponenti di FdI, fanno saltare sulla sedia gli alleati azzurri che subodorano snaturamenti della loro riforma bandiera – la separazione delle carriere – e salgono sulle barricate. Riassume gli umori il portavoce di Forza Italia, Raffaele Nevi: "La legge deve andare avanti come è stata approvata dalla Camera". Sia ben chiaro: l’idea che circola a Palazzo Chigi non è rimangiarsi la separazione delle carriere ma offrire ai togati e all’opposizione un contentino, ovvero norme attuative della riforma concertate da governo, Anm e Parlamento. Scarse le possibilità di tregua, anche perché dietro l’angolo c’è un’altra legge invisa alle toghe, quella sulle intercettazioni, che oggi si inizia a votare in commissione Giustizia a Montecitorio.