Testate giornalistiche, istituzioni come la Berlinale, vip e aspiranti tali. Per prendere le distanze da Elon Musk, sostenitore e alleato di Donald Trump, continua la fuga da X, considerato il megafono dell’estrema destra. A un estremo Eva Longoria, che per non correre rischi annuncia di volere lasciare addirittura gli Stati Uniti. Dall’altro il comico inglese Ricky Gervais, che invece non ha nessuna intenzione di abbandonare il social anche se si rifiuta di chiamarlo con il suo none ("Sarò sempre un tipo da Twitter") e confessa la delusione dopo essersi affacciato a Bluesky, il rifugio preferito dei profughi: "Mi sono sentito come un vichingo che entra in un monastero. Un sacco di pianti e tutti a nascondersi". La gara è fra le due piattaforme, che si assomigliano parecchio avendo lo stesso padre (Jack Dorsey, che però lo scorso maggio ha lasciato il cda di Bluesky), anche se la seconda sta ancora faticando con l’italiano (l’indicazione "impara all’algoritmo" visibile sulla destra della timeline ha fatto fare un salto ai più schizzinosi). Facebook e Instagram sono considerate sature. Threads, lanciata da Meta, dopo la sbornia iniziale dovuta all’effetto novità non riscuote consensi freschi: l’azienda di Mark Zuckerberg assicura che veleggia sui 275 milioni di utenti, ma l’iscrizione è al traino di Instagram.
E comunque prima di capire dove migrare, sembra che quel che conta sia andarsene, così l’emorragia di utenti X non si ferma: in un solo giorno, il 7 novembre scorso, sono state rilevate 115 mila disattivazioni. Prima ha voltato le spalle il giornale britannico Guardian (11 milioni di follwer), poi lo spagnolo La Vanguardia e lo svedese Dagens Nyheter, il Wall Street Journal e Vanity Fair. Sbatte la porta indignato Stephen King come hanno già fatto Whoopi Goldberg, Jamie Lee Curtis, Barbra Streisand, John Cusack, Ben Stiller, Guillermo del Toro. E una riflessione dovrà pur farla Elon Musk anche senza conoscere i fuggitivi di casa nostra Elio, Pierò Pelù e Francesco Guccini ("Non ho alcun interesse a comunicare su una piattaforma che contribuisce a plasmare narrazioni e a manipolare pensieri politici. Continuerò a vivere serenamente nella mia Pavana, credo che nessuno sentirà la mia mancanza su X").
In realtà il primo crollo di X ci fu nel 2022 quando Musk, da sempre in una relazione turbolenta con i social, comprò Twitter per trasformarlo a sua immagine e somiglianza. Netta fu allora la reazione del giornalista David Simon: "Il tecno-maniaco può strozzarsi con il suo nuovo giocattolo". E oggi la storia si ripete. Ma perché scegliere Bluesky, il social che come logo una farfallina e che ha da poco superato i 18 milioni di iscritti (di cu 3 negli ultimi giorni)? Forse per abitudine, visto che la grafica assomiglia a quella di Twitter. Forse perché l’algoritmo amico permette di vedere effettivamente i post di chi si intende seguire, cosa che ha rallegrato New York Times, Bloomberg, Financial Times, il Times di Londra e Newsweek. Bluesky, lanciato a febbraio dopo avere superato un rodaggio a inviti, sembra l’alternativa etica più giusta. E magari una rivincita. A fondarlo è stato Dorsey, un informatico, imprenditore e filantropo statunitense. Famoso soprattutto per aver creato Twitter (oltre che il motore di ricerca Fleetic e Square, società che gestisce dal 2009 un sistema di pagamento tramite cellulare). Quindi il motivo numero uno è che il "papà" (anche se è già andato via) è lo stesso e la genetica garantisce tratti familiari. Secondo motivo, bisogna pur credere a qualcosa, in questo caso a quello che passa il convento: privacy e libertà di espressione in un ambiente aperto e trasparente.