L’Italia l’ha spuntata, la Germania si è arresa. A Palazzo Chigi apertamente non lo dice nessuno, ufficiosamente e con la dovuta discrezione proprio tutti. Sulla possibilità di varare il regolamento sulle crisi migratorie, bloccato dal pollice verso del nostro Paese la scorsa settimana, non c’era osservatore che avrebbe scommesso un euro. A sorpresa, invece, ieri mattina ecco l’annuncio: raggiunta l’intesa nella riunione dei rappresentanti permanenti a Bruxelles, testo pronto per essere firmato sia da Berlino che da Roma, oltre che da altri 22 Stati europei su 27. Mancano all’appello Polonia e Ungheria che confermano il no ("non fermerà l’immigrazione: la imporrà ai Paesi membri", afferma Budapest), si astengono Austria, Repubblica Ceca e Slovacchia. Situazione spiacevole, ma non proibitiva. Ottenuto il via libera, il regolamento uscirà dal consiglio dei capi informale che si tiene a Granada oggi e domani pronto per la trattativa con il Parlamento europeo anche sul più ampio Patto di immigrazione e asilo. La presidente della Commissione Ue, Ursula von der Leyen, dopo aver temuto, twitta: "È una vera svolta, uniti possiamo portare a compimento il Patto prima della fine della legislatura".
Cosa ha sbloccato una situazione che pareva sin troppo incagliata? Anche se nessuno lo ammette, una telefonata tra la premier italiana e il Cancelliere tedesco Olaf Scholz, nella quale la Germania ha accettato di stralciare l’emendamento (con grande soddisfazione della presidenza spagnola di turno dell’Ue) che garantiva tutela e supporto alle ong che operano nel Mediterraneo. Norma ora declassata nella sezione dei “considerando’’, dunque giuridicamente non vincolante. "È passata la nostra linea – commenta Giorgia Meloni – l’emendamento era un passo indietro, è stato ritirato". Cerca palesemente di non calcare troppo la mano offendendo Scholz che fa buon viso a cattiva sorte parlando di "riforma efficace" che "alleggerirà l’onere di Stati come la Germania". I due hanno in programma un faccia a faccia a Granada con tanto di photo opportunity. Ma in privato, la premier gongola per il commento del quotidiano tedesco Frankfurter Allgemeine Zeitung per cui Berlino "è andata a sbattere contro il granito di Roma, sostenuta dalla Ue".
In particolare, il regolamento contiene le norme per far fronte all’improvviso aumento degli arrivi di immigrati e permette agli stati membri di adottare misure diverse dagli standard comuni per l’asilo e l’accoglienza. Con alcune novità importanti come l’estensione del periodo di trattenimento di un migrante alle frontiere fino a 40 settimane e procedure di valutazione dei richiedenti asilo più rapide e semplificate. Una più veloce applicazione dei meccanismi di solidarietà nei confronti dello Stato che si trova alle prese con afflussi massicci, soprattutto sotto forma di ricollocazione obbligatorietà o di un contributo finanziario (20mila euro) da mettere in un fondo ad hoc. Il documento prevede che a innescare la deroga sia il Consiglio Ue, chiamato a esprimersi dalla Commissione su richiesta dei singoli governi. "Una risposta sproporzionata a situazioni che potrebbero essere gestite secondo le regole vigenti", per Amnesty International.
In questo quadro, sorride Giorgia: "Non mi sento isolata, mi sembra sia molto più isolata una sinistra europea che continua a ritenere di potere affrontare questa materia in modo ideologico facendo un lavoro che non aiuta nessuno". Sul dietrofront tedesco hanno certamente inciso le pressioni delle istituzioni europee atterrite di fronte alla possibilità di arrivare al voto senza aver quagliato niente sull’immigrazione ma anche dei moderati Cdu in patria. Il fallimento avrebbe portato acqua al mulino degli estremisti di Identità e democrazia.
Nulla di nuovo sul fronte tunisino, invece. Gli ultimi ricatti di Kais Saied hanno innescato nuovi scontri nell’Unione sul Memorandum per cui si è spesa Meloni. La più sollevata, forse, per il successo ottenuto ieri.