Con chi dobbiamo prendercela se il PNRR, il Piano nazionale di Ripresa e Resilienza che dovrebbe dare all'Italia dalle casse europee 191,5 miliardi di euro, è al palo? Dobbiamo forse urlare contro il cielo, o dire che è la solita "burocrazia, signora mia"? Dobbiamo trattare con l'Europa per avere più tempo e cambiare piani, come sta facendo il governo, oppure sono proprio i progetti inziali che sono di difficile attuazione e forse - vedi l'esempio degli stadi - non adatti per avere un impatto sulla crescita e sullo sviluppo di lungo periodo? Finora è stato speso solo il 6% delle risorse e solo l'1% dei progetti finanziati e attuati è stato concluso. Ci si chiede inoltre se abbia fatto bene l'Italia a chiedere sia i sussidi sia i prestiti, al contrario per esempio di altri grandi Paesi come la Francia o come la Spagna, che ha deciso di dividere le due missioni. Infine, una constatazione, dal 2020, cioè da quando Giuseppe Conte tornò da Bruxelles con la promessa di questi fondi dall'Ue, sono cambiati altri due governi (Draghi e Meloni) e si sono alternate 7 cabine di regia. Sapete cosa aveva chiesto l'Europa per avere un PNRR di successo? Una governance unitaria e piani organici. Non è andata proprio così…
Ha collaborato Francesca Delvecchio