Il fetido cortile ricomincia a miagolare. L’umore quello tipico del sabato invernale. La radio mi pugnala con il festival dei fiori. Un angelo al citofono mi dice vieni fuori. Giù in strada per fortuna sono ancora tutti vivi. L’oroscopo pronostica sviluppi decisivi. Guidiamo allegramente è quasi l’ora delle streghe. C’è un’aria formidabile le stelle sono accese. E sembra un sabato qualunque un sabato italiano. Il peggio sembra essere passato. La notte è un dirigibile che ci porta via lontano Così ci avventuriamo nella Roma felliniana. Equilibristi in bilico sul fine settimana. E sulle immagini di sempre nei discorsi e nei pensieri. Dilaga anacronistica la musica di ieri.
Era ancora un pubblicitario, un art director canterino, un frequentatore di dancefloor il ventottenne Sergio Caputo, quando nel 1983 debuttò con l’album ’Un sabato italiano’ che con un linguaggio nuovo, leggero, immaginifico e tanto swing racconterà a meraviglia la scoppiettante atmosfera degli anni Ottanta nella Roma Felliniana del fine settimana. E non solo. Un flash di note che strizza l’occhio al Sabato del villaggio di Giacomo Leopardi e a “La febbre del sabato sera”, ma con la
frenesia di una società in movimento. Il disco, grazie ai suoi testi indovinati e al suo ritmo, ebbe un formidabile successo e tuttora è presente al trentasettesimo posto nella speciale classifica dei 100 dischi italiani più belli di sempre secondo Rolling Stone Italia.