Sessantuno per cento contro 57,3 per cento. In tema di competenze digitali, tra i 16 e i 24 anni, le ragazze superano i ragazzi di quasi quattro punti. Poi però tutto cambia e a questo vantaggio non corrispondono i successivi percorsi di studio e lavoro. è quanto emerge da un’analisi di Openpolis, che sottolinea come le laureate in campo Ict (Information and Communication Technology), sono solo il 16,8% del totale e nel mondo del lavoro il 16%. Un divario, tipico dell’ambito delle tecnologie e delle scienze, che impedisce loro di accedere ad alcuni dei percorsi professionali più solidi e maggiormente retribuiti, attualmente prerogativa maschile per oltre l’80%. A causarlo, tra l’altro, gli stereotipi di genere che ancora oggi sussistono sia nella società che in famiglia e che condizionano le ragazze a prediligere percorsi di studio umanistici e sociali piuttosto di quelli scientifici. Idee e preconcetti datati che vanno abbattuti agendo in modo trasversale sull’educazione sin dai primi anni di età, con la scuola che ricopre un ruolo fondamentale.
Sebbene le competenze digitali stiano progressivamente aumentando nelle nuove generazioni, a livello europeo nel settore Ict, ovvero dello sviluppo di tecnologie che permettono di creare, immagazzinare e scambiare informazioni in ambito digitale, l’Italia non eccelle. Secondo i dati del 2023, solo il 45,6% delle persone tra i 16 e i 74 anni ha almeno delle competenze di base, contro il 53,9% nell’Unione europea. Peggiori solo Polonia (42,9%), Bulgaria (31,2%) e Romania (27,8%). Questo ritardo si riflette anche sul mondo del lavoro. In Europa, questi professionisti sono il 4,6% degli occupati, in Italia il 3,9%. Guardando al genere, se in tutto il continente queste posizioni sono principalmente ricoperte da uomini, in Italia abbiamo uno dei risultati più bassi, con il 16% degli specialisti Ict di sesso femminile, 2,9 punti in meno rispetto alla media europea.
Alla base del gap tra competenze digitali delle ragazze e posizioni lavorative, i percorsi di istruzione, ancora influenzati da stereotipi di genere, cui concorrono, secondo le rilevazioni Ocse, vari elementi, come la maggiore fiducia dei genitori nelle capacità dei figli maschi di completare un percorso di tipo scientifico. Esempio ne sia l’ambito universitario, dove globalmente la partecipazione femminile è maggiore rispetto a quella maschile (quasi il 60% del totale dei laureati nel 2022) ma nei percorsi di tipo scientifico è l’esatto contrario. Sempre nel 2022 infatti, i corsi di primo livello con il numero minore di ragazze erano scienze motorie e sportive (33,4%), ingegneria industriale e dell’informazione (27,0%) e informatica e tecnologie Ict (14,5%), quest’ultimo fanalino di coda anche tra le lauree magistrali (20,6%). Considerando tutti i percorsi di studio Ict, le laureate in Italia si assestano al 16,8%, 863 ragazze e 4.280 ragazzi.
Risulta quindi evidente quanto sia importante colmare questo divario investendo sull’istruzione per abbattere gli stereotipi di genere e garantire alle ragazze che intraprendono studi scientifici le stesse prospettive professionali degli uomini.
a cura di Marina Santin