Sabato 27 Luglio 2024

L’esuberanza dei futuristi. Veloci, aggressivi, moderni

Il movimento si configurò come il miglior interprete della crisi della Belle époque

L’esuberanza dei futuristi. Veloci, aggressivi, moderni

IL MOVIMENTO SI CONFIGURÒ COME IL MIGLIOR INTERPRETE DELLA CRISI DELLA BELLE ÉPOQUE

"Vogliamo che i nostri figliuoli seguano allegramente il loro capriccio, avversino brutalmente i vecchi e sbeffeggino tutto ciò che è consacrato dal tempo!". Non è esattamente un ragazzino Filippo Tommaso Marinetti quando nel 1909 redige il secondo proclama futurista, che due anni dopo uscirà col celebre, definitivo titolo ’Uccidiamo il chiaro di luna’. L’artista e ideologo del Futurismo ha 33 anni. E anche i suoi più giovani epigoni sono tutti dei primi anni 80 dell’Ottocento: quasi tutti più o meno trentenni. Il Futurismo è stato tuttavia la più precoce, esuberante, prolifica corrente artistica di avanguardia che ha sedotto e esaltato la gioventù del primo Novecento dall’Italia al resto d’Europa.

Non si tratta di un movimento prettamente giovanile e men che mai di un fenomeno di costume. L’inizio del XX secolo sono tempi in cui rimangono enormi i divari sociali e l’analfabetismo, nonostante l’innalzamento dell’obbligo alla quarta elementare e l’istituzione dei corsi di avviamento professionale attraverso cui si conseguiva la licenza elementare. Le correnti artistiche e culturali sono dunque prettamente elitarie. Ma l’influenza del Futurismo sulla gioventù del primo Novecento è tale che non lo si può omettere da una rassegna sui movimenti giovanili.

Il movimento futurista, con la sua indefessa produzione di manifesti ideologici e tecnici per tutte le arti, si configura infatti come il miglior interprete della crisi della Belle époque e dell’avvento della nuova società industrializzata. Il Futurismo si presenta infatti come corrente culturale di profonda rottura. Critica fino all’estremo nei riguardi dell’inerzia delle accademie, il sonnolento e abitudinario perbenismo della società borghese, l’insopportabile morbosità del sentimentalismo romantico e dello struggimento per il passato, l’arte futurista aderisce a un vitalismo totalizzante di ispirazione nietzschiana, è prepotente e chiassosa, ammira e esalta in caos delle metropoli industriali, inneggia all’innovazione e il progresso tecnico-scientifico, nutre il culto del dinamismo e la velocità, delle automobili e del volo. Difatti Antonio Gramsci riconosce che i futuristi "hanno avuto la concezione netta e chiara che l’epoca nostra, l’epoca della grande industria, della grande città operaia, della vita intensa e tumultuosa, doveva avere nuove forme, di arte, di filosofia, di costume, di linguaggio: hanno avuto questa concezione nettamente rivoluzionaria".

A cura di Cosimo Rossi