Mercoledì 2 Ottobre 2024

La rivolta all’alba del Novecento contro quella ’pacifica operosità’

Lo storico: la guerra sembrava l’unica soluzione alla ’sonnolenza’ del periodo

La rivolta all’alba del Novecento contro quella ’pacifica operosità’

La rivolta all’alba del Novecento contro quella ’pacifica operosità’

Culture, fenomeni e movimenti giovanili sono sempre differenti tra loro. In questa panoramica estiva su ’I giovani e la storia’ abbiamo preso le mosse all’incirca dalla Rivoluzione francese. Una scelta abbastanza arbitraria, motivata dal fatto che con l’Illuminismo comincia a diffondersi l’istruzione scolastica: e la scuola è il luogo per eccellenza di formazione delle identità giovanili. Per tutto l’Ottocento e oltre, l’istruzione rimane un privilegio elitario e la grande maggioranza dei minori è avviata al lavoro. Negli ambiti benestanti si diffondono invece fenomeni di costume e culturali. E il ’nazionalismo romantico’, ad esempio, animerà i movimenti e le rivendicazioni della cosiddetta ’primavera dei popoli’ del 1848, compreso il Risorgimento italiano.

Le cose cambiano nel Novecento, caratterizzato dalla cosiddetta ’irruzione delle masse nella storia’, comprese quelle giovanili. Questo non elimina le differenze. Anzi. Se il fenomeno ’mod’ (pag. 22 di giovedì 27 giugno) è prevalentemente di costume, il ’fiumanesimo’ (pag. 26 di martedì 2 luglio) affonda le radici nell’intemperanza generazionale che aveva già fomentato la prima guerra mondiale. Di questa irruenza della gioventù di inizio ‘900 abbiamo chiesto allo storico dell’età contemporanea Giovanni De Luna.

Professor De Luna, c’è uno specifico giovanile nel protagonismo dei movimenti di inizio Novecento che portano alla prima guerra mondiale e poi ai regimi totalitari tra le due guerre?

"Quei movimenti giovanili, che Croce definisce forze centrifughe del ‘900, interpretano un sentimento di ribellione nei riguardi della cosiddetta ‘pacifica operosità’ caratterizzata in Italia dall’età giolittiana. Colgono uno spirito dei tempi che sfuggiva ai fautori del progresso positivista. Tra il 1870 e il 1914 non c’erano più state guerre in Europa e pareva scontato che si fosse aperta un’epoca radiosa e durevole caratterizzata dal decollo industriale, il progresso scientifico, il positivismo. Questa dimensione paludata si dimostra angusta per le aspirazioni giovanili. Le cui irrequietudini e insofferenze fanno irruzione, mandando in subbuglio quella società della Belle époque e facendo precipitare l’Europa nella guerra mondiale".

C’è uno specifico italiano?

"I giovani si ribellarono in tutta Europa, vedendo nella guerra il solo modo di infrangere quella sonnolenza paludata. In Italia ci sono il Futurismo, la Voce (rivista fondata nel 1908 a Firenze da Giuseppe Prezzolini, vigorosamente polemica verso il conformismo della borghesia nazionale, ndr.) e tutta una serie di altri coaguli organizzativi. E c’è il precedente della spedizione per la conquista della Libia del 1911. Questi giovani non avevano grandi opinionisti alle spalle, ma imbroccarono lo spirito dei tempi e il fatto che quella ‘pacifica operosità’ si era svuotata dall’interno, affrettando la fine di un mondo già in declino. L’immagine del Titanic, monumento inaffondabile del progresso tecnico-scientifico che si squarcia sull’iceberg, rappresenta plasticamente l’Ottocento che finisce nei gorghi della storia che si illudeva di dominare".

a cura di Cosimo Rossi