Domenica 1 Settembre 2024

Il voto è un diritto fondamentale. Esercitarlo è un dovere civico

Le elezioni sono l’espressione della volontà popolare, la festa della democrazia

Il voto è un diritto fondamentale. Esercitarlo è un dovere civico

Il voto è un diritto fondamentale. Esercitarlo è un dovere civico

"Personale ed eguale, libero e segreto". Così la Costituzione qualifica il voto all’articolo 48, che ne sancisce il diritto e regola l’esercizio. Perché non basta alzare una mano o mettere una croce a dar compimento alla democrazia: non basta un click, come oggigiorno si potrebbe esser portati a credere dall’abitudine ai social, cui le giovani generazioni son più che mai aduse. Tantopiù nel momento in cui non si tratta di deliberare una tantum su una specifica questione, come accade nei referendum, ma si eleggono i rappresentanti di organismi democratici, come nel voto dell’8 e 9 giugno.

Nello stato liberale "il suffragio aveva una natura ristretta e censitaria" che riservava la gestione della cosa pubblica solo a élite privilegiate, come rileva il costituzionalista dell’Università di Urbino Massimo Rubechi, autore di uno specifico testo sui profili costituzionali de Il diritto di voto (2016) per i tipi Giappichelli. Tali limitazioni sono state gradualmente eliminate sino al secondo dopoguerra, con la generalizzazione del suffragio maschile e femminile e l’avvento dello stato democratico-pluralista. Dove il voto si esprime, nel quadro delle istituzioni democratiche, non solo come diritto del singolo, ma insieme "funzione che il corpo elettorale svolge rispetto al rinnovo degli organi". Anche se permangono limitazioni, come fa presente il presidente di Antigone Patrizio Gonnella con riferimento ai carcerati, cui in Italia il voto "è concesso soltanto a chi sconta pene non gravi ed è in custodia cautelare".

Il carattere personale, uguale, libero e segreto del voto passa così da modalità di espressione personale a parametro di "valutazione dei sistemi elettorali nel loro complesso e della stessa democraticità e rappresentatività degli organi elettivi", osserva Marco Armanno, costituzionalista dell’Università di Palermo. Alla luce della crisi di rappresentanza dei partiti e delle continue riforme elettorali il giurista mette in guardia rispetto al pericolo che "l’elezione sia destinata a perdere definitivamente una delle proprie funzioni, quella di scelta di un indirizzo politico alla cui determinazione concorrono i partiti, per ridursi a designazione di capacità o, addirittura, a scelta personale di un ‘proprio’ rappresentante".

a cura di Cosimo Rossi