E non ti piacciono i finali.
È troppo facile inventarli. Tu aspetti l’alba, tu aspetti l’alba. E ti concedi ad un inchino. Che l’imbarazzo è grande più di te. Fuggi a chi guarda, fuggi agli addii. Che non sei in grado, tu. Che non finisci il piatto perché nessun fondo è da toccare. Tu, lo sai che nella fine ci son tanti inizi da inventare. E ogni volta che accade, ogni volta che cado. Ogni volta da capo, ogni volta non lo vorrei, però. Ogni volta ho rischiato per la gioia di un minuto. Dire d’essere vissuto fino al tempo di un saluto e no. Ogni volta un tramonto da guardare fino in fondo. E mi racconti di domani. Non c’è nessuno bravo più di te a fare l’alba, a fare l’alba di ogni cosa.
Il regista e sceneggiatore Robert Rodríguez nel 1996 aveva
chiamato “Dal tramonto all’alba” (From dusk till dawn) il film poliziesco – horror con George Clooney, Quentin Tarantino, Harvey Keitel, Salma Hayek e Madison Davenport. Levante nel 2021 gira la frase, ma non il
concetto e nella sua ipnotica ballata “Dall’alba al tramonto”, tratta a suo modo i poli opposti e reciproci dell’inizio e della fine. “Come il giorno e la notte, anche molte relazioni umane si fondano su una polarità che si rivela solo apparente”. Di sicuro, quando stiamo davvero bene, spesso si insinua la paura di essere sopraffatti dai titoli di coda. Ne è conscia anche Claudia
Lagona, in arte Levante, per fortuna dopo la notte c’è il giorno, dopo l’abisso c’è la rinascita: “Tu, lo sai che nella fine ci son tanti inizi da inventare?”.