Pluricampione italiano, più volte medaglia in Coppa Europa e Coppa del Mondo e argento ai mondiali militari. Un palmares d’eccezione, quello di Emanuele Bruno, judoka del gruppo sportivo Fiamme Gialle, che ha messo il suo talento al servizio
del sociale per combattere bullismo e violenza di genere e promuovere la cultura del rispetto e dell’inclusione.
Quali valori ti ha insegnato il judo?
"Mi ha insegnato tanto e mi ha fatto diventare l’uomo che sono. Mi ha insegnato il rispetto, verso gli altri, verso il Sensei (maestro), verso il Dojo (palestra), verso i miei avversari. Mi ha insegnato a essere umile e leale, a non invidiare chi è migliore di me ma a provare a superarlo. Mi ha portato sulla giusta via, facendomi capire il bene e il male e che quando si cade, ci si rialza sempre, finché non si raggiunge l’obiettivo prefissato".
Da dove nasce il tuo impegno sociale?
"Sono sempre stato molto attivo nel sociale perché nulla mi rende più contento che vedere felice una persona meno fortunata di me. E questo grazie ai valori che mi hanno trasmesso i miei genitori e lo sport. Ormai un anno poi, ho annunciato il mio ritiro dalle gare per dedicarmi ad altro e tra le tante cose c’è il sociale. Grazie al gruppo sportivo delle Fiamme Gialle, partecipo a eventi di rappresentanza anche nelle scuole portando la mia testimonianza di campione di sport e, soprattutto, di vita. Inoltre, faccio parte della Nazionale di calcio olimpionici e campioni dello sport e giochiamo a scopo benefico in tutt’Italia partite del cuore il cui ricavato va ad associazioni che aiutano i meno fortunati. E nella mia palestra, oltre a essere insegnante di judo, costantemente a contatto con bambini e ragazzi, ho avviato da poco un corso di difesa personale femminile, perché mi sono messo in prima linea nella lotta contro la violenza di genere e spero di poter aiutare qualche ragazza in difficoltà".
Può lo sport insegnare la cultura del rispetto e l’inclusione?
"Si, il judo e lo sport in generale, quello sano. Ad esempio, nel judo, prima di salire sul tatami, di iniziare un combattimento e di scendere, si fa il saluto al maestro, al Dojo e ai compagni in segno di rispetto. Credo che insegnando il rispetto, in primis per se stessi e poi per gli altri, si cresca sia come donne che come uomini e si crei una società di persone miglior".
a cura di Marina Santin