Sono su una strada solitaria e sto viaggiando. Cercando qualcosa, cosa potrà essere? Oh ti odio un po’, ti odio un po’, ti amo un po’. Ti amo quando mi scordo di me. Voglio essere forte, voglio ridere insieme. Voglio far parte dei vivi. Viva, viva, voglio alzarmi e danzare. Voglio spaccarmi le calze in un bar col juke box. Vuoi tu - vuoi tu - vuoi tu ballare con me, baby?
Come in un classico road movie ci sono l’America e le sue strade solitarie, l’emozione del viaggio e della libertà ritrovata, ma soprattutto la frenesia che dona ogni volta l’inizio di un nuovo amore in “All I want”, il brano che apre “Blue”, lo splendido quarto album di Joni Mitchell. Il suo disco più intenso pubblicato nel 1971 da Reprise Records, che supera di slancio gli ultimi sussulti della stagione hippie attraverso un’inedita ricerca interiore che fa riflettere la vocalist sul senso della malinconia. Ben supportata dalle chitarre latineggianti di James Taylor e della stessa Joni, la canzone avvolge l’ascoltatore con la voce sinuosa (e la frizzante personalità) di una Mitchell innamorata, desiderosa di vivere a pieno la sua vita, sentimentale e creativa. Con tutta la travolgente intensità che sente esplodere dentro di sé. Altro che malinconica e poetica collezione di canzoni autoreferenziali, “Blue” è l’esaltazione dell’ennesima evoluzione della folksinger canadese, che scova la libertà in una profonda connessione. E, riesce a trovare gioia nelle sue interazioni con gli altri, in una musica che profuma di cambiamento.