
Balza alla mente il famoso romanzo di Johann Wolfgang Goethe “Le affinità elettive“. Partiamo da qui. In questo libro lo...
Balza alla mente il famoso romanzo di Johann Wolfgang Goethe “Le affinità elettive“. Partiamo da qui. In questo libro lo scrittore tedesco racconta la storia di una coppia sposata che trovandosi a convivere nella stessa casa con un altro uomo e un’altra donna vanno incontro al disfacimento della coppia di partenza e alla formazione di due nuove coppie. È una dinamica quella del romanzo che allude a un particolare fenomeno chimico per il quale due elementi associati, sotto l’azione simultanea di due altri elementi dotati di particolari proprietà, si scindono, associandosi con i due ultimi e formando due nuove coppie.
Ma in merito a questa dinamica, cosa ci insegna l’etimologia della parola? Affinità deriva dal latino “adfinitas“, lemma che racchiude in sé la preposizione -ad, utilizzata nei verbi che esprimono moto, e “finis“, il limite o confine. Viene liberamente tradotta come “limitrofo“. Ciò che sorprende è come un termine che evoca la somiglianza tra due elementi, in realtà sia legato al concetto di divisione. L’affine è quindi, in un certo senso, fratello del confine. E lo è perché ci racconta di come una realtà prossima a un confine possa essere sorprendentemente simile a quella che si trova dall’altra parte. L’affine ci affascina quindi, perché ci somiglia, ma allo stesso tempo perché racchiude in sé la meraviglia della scoperta.
a cura di Sofia Spagnoli