Napoli, 5 febbraio 2025 - Una serie di scosse di terremoto è stata registrata questa mattina ai Campi Flegrei, la più forte di magnitudo 3.1, a una profondità di 3 chilometri, alle 8.52. Alle 8.32 una di 2.6, alle 8.30 di 2.1. Successivamente, alle 11, altra di magnitudo 2.7. L'evento è stato avvertito sia nei comuni a ridosso della zona ma anche in diversi quartieri di Napoli, in particolare ai piani alti.
"Le scosse sono state avvertite, si sono verificate in coincidenza con l'orario di ingresso delle scuole, quindi in qualche istituto lo stesso ingresso è stato ritardato. Al momento ci sono verifiche in corso sul territorio da parte della Protezione civile regionale e della Polizia municipale", ha detto all'Adnkronos il sindaco di Pozzuoli, Gigi Manzoni, nei minuti successivi al sisma.
La scoperta di una grande eruzione
Ed è di ieri la scoperta che circa 109mila anni fa è avvenuta una delle eruzioni più potenti mai rilevate ai Campi Flegrei e finora sconosciuta. A rivelarlo lo studio italiano di Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia, Istituto di Geologia Ambientale e Geoingegneria del Consiglio Nazionale delle Ricerche, Università Sapienza di Roma e Università di Bari Aldo Moro, che ha ricostruito l'evento grazie alle ceneri vulcaniche e agli altri materiali che si sono depositati in una vasta area anche a migliaia di chilometri dal vulcano, dall'Italia centrale alla Grecia.
Le ceneri lontane e sepolte
La ricerca, pubblicata sulla rivista Communications Earth and Environment, permette di capire meglio il livello di pericolosità associato ai Campi Flegrei. I ricercatori guidati da Giada Fernandez, di Sapienza e Cnr-Igag, si sono dovuti affidare alle ceneri sparse a grandi distanze poiché nei Campi Flegrei quelle più antiche sono inaccessibili, sepolte in profondità nel sottosuolo.
Come il Dna o le impronte digitali
"Le ceneri prodotte dalle grandi eruzioni, depositate in aree remote rispetto al vulcano, offrono la possibilità di estendere molto indietro nel tempo lo studio della storia eruttiva", affermano Fernandez e Gianluca Sottili della Sapienza, tra gli autori dello studio. "Come le impronte digitali o il Dna distinguono i singoli individui, alcune proprietà delle ceneri rinvenute nei sedimenti marini o lacustri possono consentire agli scienziati di identificare la sorgente vulcanica - aggiunge Biagio Giaccio di Cnr-Igag, co-autore dell'articolo - e, in alcuni casi, persino il singolo evento eruttivo che le ha prodotte".
La magnitudo stimata
Grazie a questo approccio, i ricercatori hanno scoperto che l'eruzione avvenuta 109mila anni fa, chiamata 'Eruzione di Maddaloni', ha raggiunto una magnitudo di 7.6, di poco inferiore a quella della famosa 'Ignimbrite Campana' di circa 40mila anni fa, la più potente in assoluto della storia dei Campi Flegrei nonché la maggiore nell'intero continente europeo degli ultimi 200mila anni.