Napoli, 18 settembre 2022 – È più vasto del tesoro della Corona, il suo valore farebbe impallidire la compianta Regina Elisabetta, non basterebbero gli zeri su un assegno per comprare l’Oro di San Gennaro. Il suo valore è inestimabile e, cosa unica al mondo, è di proprietà degli abitanti di Napoli. Non tutti sanno, infatti, che il Vaticano non vanta nessun diritto sui beni del famoso Patrono partenopeo, nemmeno lo Stato può disporre dei gioielli custoditi nella Cappella del Tesoro che si trova Duomo, accumulati nei secolo dalle donazioni dei napoletani, eccellenti e popolani.
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La storia, tra finzione e realtà
Solo la Mitra del Santo potrebbe valere intorno ai 20 milioni di euro, considerando che ognuno degli smeraldi da 26 carati incastonati hanno un valore commerciale superiore al milione di euro, senza contare le altre quasi 4mila pietre preziose. Non esistono assicurazioni, nemmeno i Lloyd di Londra, che stipulano polizze per esporre contemporaneamente i pezzi più preziosi, troppo costosi da rimborsare in caso di furto. Nel 2016, solo per spostare statue, arredi sacri e gioielli a una mostra allestita al Tarì di Marcenise, fu stipulata una polizza record da 60 milioni di euro.
Insomma, tra miro e realtà, l’Oro del Patrono fa sognare tutto il mondo. Lo sanno bene intere generazioni di italiani, che ancora ricorcano il mitico film “Operazione San Gennaro”: un cast eccellente – da Totò a Manfredi – che, diretti da Dino Risi, provarono a mettere a segno il colpo del secolo: rubare l’Oro di San Gennaro. Ma, perfino nella finzione cinematografica, ci mise lo zampino il Santo “in persona”, che trovò un modo rocambolesco per restituire i gioielli ai veri proprietari: il popolo di Napoli.
La storia di San Gennaro dai miracoli alla morte per decapitazione
Come nasce il Tesoro: la promessa dei napoletani
All’inestimabile Tesoro hanno contribuito, con i loro doni, nobili e potenti di tutta Europa, tra cui Maria Teresa d’Austria, Murat e Ferdinando II. Tutti volevano entrare nelle grazie del Santo – per fede o scaramanzia – ogni volta che mettevano piede in città non mancavano di portare un dono sfarzoso alla reliquia del Santo.
Ma c’è un’altra curiosità: nelle pesanti casseforti del Duomo, tra brillanti e zaffiri, ci sono anche doni di poco conto, portate con devozione dai popolani – forse i più fedeli al Santo – raggiunti da una delle tante grazie e miracoli del Santo Patrono: incastonati sulla collana che adorna il busto del Santo, ad esempio, ci sono due orecchini di perle dal valore commerciale modesto. Appartenevano a una donna del popolo che, per chiedere una grazia al suo protettore, si spogliò dei suoi unici beni preziosi: il Santo la ascoltò e la grazia arrivò.
La Collana di San Gennaro
Il pezzo più prezioso è la Collana del Santo, esposta in processione durante le tre date annuali dei Prodigi: disegnata da Michele Dato nel 1679, nasce dall’unione di 13 maglie d’oro massiccio su cui sono appoggiate croci di smeraldo e zaffiri. Alla creazione, parteciparono i principali maestri orafi partenopei, che si sono susseguiti con aggiunte successive nel corso dei secoli.
Il patto dal notaio: gli “eletti del popolo”
Il documento ufficiale che ha dato il via al Tesoro risale al 1527, durante la dominazione borbonica e in una città devastata da guerra, pestilenza e terremoti. La disperazione dei napoletani era tale da spingerli a stringere un vero e proprio patto con il loro amato Patrono: “San Gennaro, salva la nostra città e noi ti costruiremo la chiesa più bella”. E così fu.
Gli Eletti del Popolo. Furono eletti dei rappresentanti per ogni quartiere (ai tempi si chiamavano Sedili) di Napoli: cinque nobili e un popolano. Tutti insieme andarono da un notaio a stipulare il patto con il quale diedero avvio ai lavori per la costruzione della chiesa e fondarono “La Deputazione”, l’organo di governo della Cappella del Tesoro di San Gennaro, che ricette il gravoso compito di custodire le reliquie del Santo e i doni contenuti nella Cappella. Ancora oggi, i discendenti di quei sei primi eletti proteggono l’Oro del Santo. E fu così che le epidemie cessarono e Napoli torno, piano piano, agli antichi splendori.
Quanto vale l'Oro del Santo?
Costruito nei secoli a suon di miracoli e benedizioni, l’Oro di Napoli – così è stato ribattezzato nel famoso film di Vittorio De Sica, tratto dai racconti di Giuseppe Marotta – è composto da oltre 21mila pezzi, tra collane, gioielli ed ex voto. Dalle preziose croci donate al Santo dal Re di Napoli, Carlo di Borbone, e niente di meno che il rivoluzionario Napoleone Bonaparte, che con la Chiesa romana non fu mai in buoni rapporti.
Ma quanto vale il Tesori di San Gennaro? È impossibile fare una stima precisa, tant’è che alcuni dei pezzi più preziosi non possono essere esposti insieme per clausola assicurativa: nessun premio ne coprirebbe il valore in caso di furto. Nel 2010, un team di gemmologi, riuniti a Roma in occasione della mostra dedicata al Tesoro di San Gennaro, ha stimato il valore della sola Mitra in 7 milioni di euro. La croce di smeraldi da 26 carati ciascuno, donata da Napoleone, vale più di 20 milioni di euro. Cifre che nemmeno tutto l’oro della Corona britannica potrebbe acquistare.