Pompei (Napoli), 20 agosto 2023 – Una stanza destinata agli scavi è emersa a 600 metri dalle mura di Pompei. È tutto intatto, come ‘congelato’ dalla lava colata dal Vesuvio e che nel 79 d.C. ha sommerso la città antica. Arredi, tessuti e i corpi delle vittime della terribile eruzione che rase tutto al suolo. È l’ultima scoperta fatta dagli archeologi durante la campagna di scavo in corso nella villa romana di Civita Giuliana, appena fuori le mura dell'antica Pompei.
Un'immagine di quasi 2000 anni fa ricostruiti attraverso i calchi, una tecnica esistente solo nella zona di Pompei. Il prezioso ritrovamento va a completare il quadro di un altro alloggio, l’ambiente C, scoperto nel novembre 2021. La campagna archeologica è iniziata nel 2017 dopo che la procura era arrivata sulle tracce dei ‘tombaroli’ che per anni avevano trafugato di nascosto oggetti preziosi dalla villa.
La stanza ‘congelata’ dai calchi
Materiali antichi come mobili e tessuti, nonché corpi degli abitanti sono stati coperti dalla nube piroclastica, divenuta poi terreno solido, mentre la materia organica decomposta ha lasciato un vuoto nel terreno: un'impronta che, riempita di gesso, ha rivelato la sua forma originaria.
Ambiente A: cosa c’è nella stanza
Gli esperti pensano che la nuova stanza – catalogata come 'ambiente A' – fosse un alloggio per gli schiavi, ma è diversa da quella ricostruita nel novembre 2021, nota come ‘ambiente C’, dove sono state ritrovate tre brande e che fungeva anche da ripostiglio. E questo fa pensare a una precisa gerarchia all'interno della servitù. Mentre uno dei due letti trovati in queste settimane è della stessa fattura di quelli nell'ambiente C, estremamente semplice e senza materasso, l'altro è di un tipo più confortevole e costoso, noto in bibliografia come letto a spalliera. Nella cinerite sono ancora visibili le tracce di decorazioni color rosso su due delle spalliere.
Oltre ai due letti, nell'ambiente recentemente scavato ci sono due piccoli armadi, anch'essi conservati parzialmente come calchi, una serie di anfore e vasi di ceramica e diversi attrezzi, tra cui una zappa di ferro. Il microscavo di vasi e anfore provenienti dall'ambiente C ha nel frattempo restituito tre roditori, due topolini in un'anfora e un ratto in una brocca, posizionata sotto uno dei letti e dalla quale sembra che l'animale cercasse di scappare quando morì nel flusso piroclastico dell'eruzione. Dettagli che sottolineano ancora una volta le condizioni di disagio igienico in cui vivevano gli ultimi della società dell'epoca.
La gerarchia tra gli schiavi
"Sappiamo che i proprietari usavano diversi privilegi, tra cui anche la possibilità di formare una famiglia, seppure senza alcuna tutela legale, per legare alcuni schiavi più strettamente alla villa, anche con la finalità di averli come alleati nel sorvegliare gli altri. Quello che emerge qui è la struttura sociale della servitù che doveva impedire fughe e forme di resistenza, anche perché mancano tracce di grate, lucchetti e ceppi. Il controllo avveniva principalmente tramite l'organizzazione interna della servitù e non tramite barriere e vincoli fisici ”, spiega il direttore del Parco Archeologico di Pompei, Gabriel Zuchtriegel.
Tutto è iniziato dagli scavi clandestini
L'ultima esplorazione archeologica della villa di Civita Giuliana – già oggetto di scavi nel 1907-08 – è cominciata nel 2017 con una collaborazione tra il Parco Archeologico di Pompei, ente competente per la tutela dell'area circostante la città antica, e la procura di Torre Annunziata, che insieme ai carabinieri aveva scoperto scavi clandestini nell'area della Villa che andavano avanti da anni, arrivando a misure cautelari e processi penali e civili.
I prossimi passi
“Siamo impegnati a continuare le ricerche – aggiunge Zuchtriegel – e progettare la fruizione di un luogo che, come nessun altro del mondo antico racconta la quotidianità degli ultimi. In occasione della riapertura dell'Antiquarium di Boscoreale il prossimo autunno, prevediamo una sala per informare il pubblico sugli scavi in corso, gli stessi che, sotto la direzione del mio predecessore, Massimo Osanna, hanno portato alla scoperta del carro cerimoniale recentemente in mostra a Roma, alle Terme di Diocleziano. Vorrei ringraziare, oltre alla squadra impegnata nello scavo archeologico, la procura guidata da Nunzio Fragliasso per l'eccellente lavoro svolto".