Napoli, 10 maggio 2024 – Sfuggito alla cattura 6 mesi fa, è stato un cagnolino ad aiutare i carabinieri a scovarlo. Il boss della camorra Francesco Abbinante, 25 anni, al centro di un’inchiesta della Dda di Napoli, con altri 37 indagati per associazione per delinquere finalizzata alle estorsioni e al traffico di stupefacenti appartenenti al “clan Abbinante”, di cui Francesco è considerato l’attuale reggente, già sfuggito a un blitz il 7 novembre scorso, è stato ora individuato e arrestato in una villetta a Castel Volturno, nel Casertano. Abbinante era stato dichiarato latitante il 9 gennaio 2024. I militari della compagnia di Napoli Stella lo hanno individuato dopo che la loro attenzione era stata attirata da un cagnolino, un bull terrier che i carabinieri conoscono bene come il cane a cui è affezionato il latitante: quando l'hanno riconosciuto pattugliando le strade di Castel Volturno, e hanno capito che quello era il nuovo nascondiglio del boss. Abbinante era solo all'interno dell'abitazione dove è stato arrestato.
Il boss di Secondigliano
Secondo gli inquirenti, Francesco Abbinante è a capo dell’omonima famiglia malavitosa di Napoli nel quartiere di Secondigliano, una volta affiliata al potente clan Di Lauro, in grado di importare tonnellate di droga dal Sudamerica. Non solo cocaina ma anche hashish, marijuana, kobrett che viene spacciato senza sosta nelle piazze guardate a vista da sentinelle giorno e notte, con pusher che si alternano seguendo precisi turni di lavoro, come hanno ricostruito le indagini coordinate dalla Direzione distrettuale antimafia di Napoli. Gli Abbinante, poi, impongono un doppio “pizzo” a tutti i commercianti del popoloso Rione Monterosa: in prima battuta esigendo salatissime rate settimanali o mensili, e poi imponendo la commercializzazione di alcuni prodotti riconducibili ad aziende a loro vicine o comunque vittime del racket, a cominciare dalla mozzarella, dal pane e persino dalle shopper, le buste di plastica per fare la spesa. Alla base dell'inchiesta chiusa dagli arresti a novembre, oltre alle intercettazioni telefoniche, ci sono anche le dichiarazioni di alcuni collaboratori di giustizia, a cominciare da quelle fornite da Luigi Rignante, per ricostruire i nuovi organigrammi del clan e i suoi metodi criminali.
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