Lunedì 16 Dicembre 2024
REDAZIONE NAPOLI

Blitz al clan Amato-Pagano, il camorrista alla figlia: “Mò babbo ti porta a fare l’estorsione”

Affiliato agli Scissionisti di Secondigliano e Scampia (Napoli), il 33enne fa parte dei 53 arresti messi a segno oggi dall’Antimafia. Il gruppo criminale addestrava i minorenni a chiedere il pizzo

Napoli, 17 dicembre 2027 - “Mò babbo ti porta a fare l'estorsione”. È l’inquietante frase detta alla figlia piccola dal padre malvivente, arrestato oggi nel maxi blitz anticamorra di Napoli. Frasi crude e spietate, come questa detta da un camorrista 33enne alla figlia, che facevano parte di una mentalità molto dura con cui i minorenni venivano addestrati a commettere le estorsioni.

È quanto emerge dalle indagini della Direzione investigativa antimafia di Napoli che questa mattina hanno portato all’arresto di 53 persone affiliate al clan Amato-Pagano: 43 in carcere e 10 ai domiciliari. 

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L’episodio ricostruito dai pm

Tra gli episodi più raccapriccianti ricostruiti dagli inquirenti, anche quello di un padre che propone scherzosamente alla bimba di portarla a commettere i reati. Dopo avere contato i soldi delle estorsioni accumulate fino a quel momento, circa 3.500 euro, l’uomo decide di passare a chiedere il pizzo anche a un bar e a una concessionaria di auto. Dopo essersi messo in movimento in sella a uno scooter, incontra per strada la compagna e la figlia, ancora una bambina, alla quale scherzando dice: “Mò babbo ti porta a fare l'estorsione”.

Per il protagonista dell'episodio, un 33enne di Napoli - frasi ascoltate dagli investigatori grazie alle intercettazioni ambientali - il giudice ha disposto la misura cautelare in carcere. L'operazione anticamorra è stata illustrata oggi nel corso di una conferenza stampa indetta dal procuratore di Napoli Nicola Gratteri.

Gratteri: “Spiegavano ai bambini cosa dire”

Gli affiliati adulti, spiega il capo dell'ufficio inquirente Nicola Gratteri, “portavano con loro i minorenni per farli assistere e partecipare”. Si trattava di “una sorta di addestramento alla durezza e a considerare normale commettere un crimine. Per questo abbiamo anche coinvolto la procura dei Minorenni". I minori coinvolti nelle estorsioni "non avevano armi in mano, però i maggiorenni dicevano ai minori cosa dovevano dire, come dovevano chiedere. Mentre facevano l'estorsione spiegavano al bambino cosa dire, e lo si faceva ripetere", puntualizza Gratteri.

"Ci ha veramente scandalizzato - conclude - non c'è nessuna etica a nessun livello e in qualsiasi contesto che possa giustificare di portare con se' un minore nel momento in cui si va a compiere un reato".