Roma, 28 ottobre 2024 – Ma cos’è la nebbia? E da che cosa è composta? Mentre i meteorologi la prevedono già da domani mattina –abbiamo rivolto tre domande a Sandro Fuzzi del Cnr (Istituto di scienze dell'atmosfera e del clima di Bologna).
Che cos’è la nebbia
"La nebbia è una nube che si forma al suolo invece che in aria – è la premessa del ricercatore -. Dal punto di vista fisico i due fenomeni sono del tutto simili. Esistono vari tipi di nebbia, nella Pianura Padana si definisce di irraggiamento e si forma in inverno, nelle giornate in cui il cielo è sgombro o molto poco nuvoloso, durante le ore più fredde. Si crea un’inversione termica che in presenza di alta umidità intrappola vicino al suolo gli inquinanti presenti. Lungo le coste invece ha natura diversa, si parla di nebbia da avvezione, l’aria umida dal mare si sposta verso terra, l’acqua condensa e si formano le goccioline. Nella Pianura Padana la stagione è lunga, di solito va da ottobre a marzo”.
Lo studio sulla Val Padana
Eppure il gruppo di Fuzzi, Chimica dell’atmosfera dell’Istituto Isac Cnr, di recente ha condotto uno studio che ha portato a conclusioni sorprendenti. “Sul lungo periodo c’è quest’evidenza che la nebbia è calata di oltre il 40% come frequenza nella Pianura Padana. Le cause? Per ora abbiamo delle ipotesi. Tra queste c’è anche la diminuzione dell’inquinamento, ad esempio da ossidi di zolfo e di azoto”.
Da cosa è composta la nebbia
"Faccio campagne mirate sulla nebbia dal 1985 – racconta Fuzzi -. Mettiamo in campo strumentazioni che ci possono aiutare a definire la composizione chimica delle goccioline. Dalle polveri sottili alle particelle carboniose che derivano da traffico e riscaldamento. Lo facciamo ad esempio con spettrometri per particelle e analizzatori di gas. Tutto questo ci porta a definire quanto misurano le goccioline, ad avere lo spettro delle dimensioni delle particelle che sono sospese in aria, a capire la quantità di gas presenti, più tutti i parametri meteo. La Pianura Padana si può definire un laboratorio naturale. Anche per questo arrivano ricercatori da tutto il mondo. I dati ci servono anche a sapere da che cosa sono determinate le variazioni nella frequenza”.
“Le previsioni sono difficili”
In conclusione, avverte Fuzzi, la nebbia “è molto difficile da prevedere. Possiamo conoscere prima la situazione in cui si può formare ma c’è sempre l’incognita del punto in cui si avvia il processo”.