Roma, 22 luglio 2024 – Caldo africano e record di temperature anche per il mare. Cosa sta succedendo nell’Adriatico? Lo abbiamo chiesto a Giovanni Coppini, ricercatore del Centro Euro-Mediterraneo sui cambiamenti climatici, parte del Copernicus European Marine Service che fa monitoraggio e previsioni. Il CMCC, in particolare, si occupa del Mediterraneo.
Mare Adriatico: ecco che cosa sta succedendo
Dottor Coppini, ma che cosa vede in questo momento nei mari? “In generale, stiamo osservando un aumento di intensità di frequenza delle ondate di calore, anomalie persistenti nella temperatura dell’acqua. Le conseguenze a lungo termine ci portano alle specie aliene invasive come il granchio blu. Il male delle specie non autoctone è che non hanno rivali”.
Qual è la temperatura dell’Adriatico
Ma in questi giorni di caldo africano, qual è la temperatura dell’Adriatico? “Tra 29 e 30 gradi, ma sotto costa sicuramente si arriva anche a temperature più alte”.
Che cosa ci dicono le serie storiche?
“Ogni decennio si registra un aumento di 0,3-0,4 gradi, vuol dire che in 30 anni l’aumento sarà superiore a 1,5 gradi. Che cosa significa questo? Sicuramente è molto preoccupante perché gli ecosistemi costieri ne soffrono".
Gli effetti dell’aumento di temperatura nell’Adriatico
Chiarisce il ricercatore: “Mi riferisco a ecosistemi fragili come quelli lagunari, penso alle valli di Comacchio o a Goro che risentono negativamente dell’aumento di temperatura. L’acqua si rimescola meno facilmente e questo può avere un impatto negativo sull’ossigenazione delle nostre coste”.
Un altro problema è legato soprattutto all’aumento del livello del mare, alla diminuzione della portata dei fiumi e all’ingressione del cuneo salino. Se l’acqua del mare risale troppo il corso del fiume, anche questo provoca sofferenza agli ecosistemi costieri fluviali e causa problemi anche all’agricoltura, perché si arriva alle falde acquifere. Quindi l’agricoltura che usa le acque fluviali ne può risentire. E ne risente sicuramente la maricoltura”.
Gli effetti sulla maricoltura
Coppini cita il caso di Taranto, “dalla settimana scorsa sono state registrate morie di cozze. I miticoltori sono tantissimi anche in Emilia Romagna. Quindi i danni economici che subiscono sono enormi”.
Quali sono le soluzioni
Quali soluzioni si possono adottare? Elenca il ricercatore: “Intanto i sistemi di monitoraggio e di allerta che permettano ai cittadini, agli operatori economici e istituzionali di sapere in anticipo l’estensione e la forza degli eventi estremi. Questo vale sia d’estate che d’inverno, perché il sistema è unico. D’estate ci preoccupiamo del caldo e dell’aumento di salinità, d’inverno delle mareggiate e delle inondazioni costiere. Altro tema: la mappatura del rischio e la pericolosità. Infine la ricostruzione degli ecosistemi costieri. In questo come Centro siamo all’avanguardia, abbiamo sviluppato prototipi anche con Arpae Emilia Romagna e sono in corso collaborazioni internazionale. Come si fa? Esattamente come con le foreste a terra dove si trapiantano gli alberi. Così si può fare in mare, si decide con una pianificazione quale sia la zona migliore dove ricostruire la foresta sottomarina. Dalla Puglia in giù, ad esempio, la pianta che vive nel fondo del mare è la Posidonia”.