Roma, 7 dicembre 2024 – Donna, nera. Signorina Caruso, Mimì, lo sa che a X Factor non ha vinto solo una finale? Il suo è stato un lavoro di rappresentanza a tutto tondo. Un sollievo. Nel giorno in cui il Censis fotografa il razzismo silenzioso degli italiani, lei trionfa. E c’è, però, chi continua a vedere il nemico dietro la pelle scura, chi rifiuta di farsi visitare dal medico di colore.
“Peggio per loro. Ma io sono ottimista a prescindere. Questo è un Paese fighissimo, l’Italia mi ha permesso di arrivare a cantare su questo palco. Certo, mi piacerebbe che tutti fossero orgogliosi delle proprie origini. Che si smettesse di dire se non fai il bravo arriva l’uomo ’nero’. Che nessuno fosse costretto a lavorare come un ’negro’. Poi penso: sono solo parole. C’è tanto lavoro da fare, ma stiamo andando nella direzione giusta. Siamo circondati di bellezza, le sfumature cominciano a essere apprezzate. Dieci anni fa era diverso. Ecco, la bambina Mimì se ne rendeva conto. Sono cresciuta in un periodo in cui gli afroitaliani non erano nel posto giusto nemmeno in TV. Li chiamavano per prenderli in giro, per amore dello stereotipo. E io alle medie sono stata bullizzata per il colore della pelle. Oggi è diverso, indipendentemente da me”.
Nata in Mali, adottata a tre mesi. Infinitamente grata a mamma e papà che hanno ammortizzato il salto dall’Africa a Usmate Velate e l’hanno cullata sulle note del jazz e del soul. Quasi una favola.
“Bella storia eh? I miei genitori hanno aspettato a lungo, la strada per avermi è stata infinita. Ma bisogna raccontare anche questo, sensibilizzare la gente sull’adozione. Siamo tutti famiglie di cuore e non di sangue, vale nel piccolo come nel grande”.
Mai tornata in Africa?
“No. E non vedo l’ora. Sento di fare parte di una comunità più grande e ho voglia di conoscere le mie origini. Le sento dentro di me, come sento di appartenere all’Italia. Sono onorata di definirmi afroitaliana, avere la pelle di questo colore e sapere cucinare la carbonara”.
La giornalista Nadeesha Uyangoda nel saggio ’L’unica persona nera nella stanza’ ha cercato di comprendere cosa significhi essere neri in Italia. Lei lo ha capito?
“Ho capito che non basta pagare le tasse e avere un passaporto tricolore per essere al riparo dalle discriminazioni. A me è andata bene. E ho imparato a non dare peso a certi sguardi. Mi basta il mio”.
Si è mai sentita rivolgere la domanda più terribile: come mai parli così bene l’italiano?
“Una vera rottura questa. Me lo chiederanno sempre e su questo mi sono messa l’anima in pace. Gli stronzi esistono dappertutto, ma oggi i neri italiano fanno sentire la loro voce, si uniscono in associazioni, aprono canali su You Tube. Occorre stare tutti dalla stessa parte. Io sono circondata da persone che mi vogliono bene e resto ottimista”.