Nelle pagine della storia ha lasciato la sua firma su quella che gli inglesi definiscono l’ “Era di Winston Churchill”, l’uomo che seppe prevedere, all’inizio senza essere ascoltato, l’uragano della Germania nazista e che riuscì poi a scuotere il Regno Unito guidandolo verso la vittoria della Seconda guerra mondiale. Eppure Sir Winston Churchill (1874 -1965) lasciò questa terra sessant’anni fa, il 24 gennaio 1965, nella sua casa di Kensington a Londra dopo un periodo appannato nella vita pubblica e con alle spalle rovesci politici che non meritava.
Strana storia quella di Churchill dentro l’esecutivo del suo Paese. Dopo la vittoria sui nazisti insieme agli alleati i conservatori perdettero le elezioni, abbandonò il governo, poi lo riprese, e il fatto che ancora lui fosse al timone della corazzata prolungò la posizione dell’Inghilterra come grande potenza. Fu primo ministro dal 1940 al 1945, e nuovamente dal 1951 al 1955, e leader del Partito conservatore dal 1940 al 1955. Poi poco alla volta la voce che fece tremare i tiranni d’Europa politicamente si affievolì. Corsi e ricorsi di una Nazione. Oggi lo statista che fumava il sigaro è considerato uno dei giganti della storia che il mondo non ha dimenticato. La sua eredità umana e politica è quella di un personaggio che ha insegnato a trattare le grandi svolte con la calma dei forti, il pragmatismo delle scelte, il legittimo uso della forza, l’esibizione dell’orgoglio nazionale senza derive autoritarie.
Sapeva guardare lontano, fu il primo a parlare di Stati Uniti d’Europa, come nel discorso tenuto all’università di Zurigo poco dopo la fine della guerra : "Esiste un rimedio che in pochi anni renderebbe tutta l’Europa libera e felice. Esso consiste nella ricostruzione della famiglia dei popoli europei, o in quanto più di essa riusciamo a ricostruire, e nel dotarla di una struttura che le permetta di essere gli Stati Uniti d’Europa". Forse quella di oggi così divisa non gli piacerebbe. Intuì tra i primi che finito l’inferno del conflitto mondiale si apriva quello della Guerra fredda con la divisione tra Occidente e Unione sovietica.
Sfogliando all’indietro le pagine della sua vicenda umana ne esce una figura dotata di mille risorse fino a vincere anche il premio Nobel per la letteratura nel 1953. Visse l’impegno scolastico con fastidio, fu un ufficiale dell’esercito, ma per entrare nella prestigiosa Accademia di Sandhurst impiegò tre tentativi. Combattè in tre continenti e ricevette tre medaglie, fu anche scrittore e giornalista. Poi la vita da atleta: campione di polo e ottimo praticante di atletica leggera. Il bello del Churchill privato sono anche le sue frasi, sempre a metà tra ironia e sarcasmo. Eccone alcune: "L’ottimista vede opportunità in ogni pericolo, il pessimista vede pericolo in ogni opportunità"; "In guerra non devi riuscire simpatico, devi soltanto avere ragione"; "Il successo non è mai definitivo, il fallimento non è mai fatale, è il coraggio di continuare che conta".
La battuta forse più famosa però è quella pronunciata il 13 maggio 1940 alla Camera dei Comuni, fresco dell’incarico di Primo ministro del Regno Unito nel primo anno di guerra. Adolf Hitler stava spaventando il mondo e Winston Churchill sapeva di parlare al cuore della Nazione quando esclamò: "Non ho nulla da offrire se non sangue, fatica, lacrime e sudore....". L’aveva quasi copiata da Garibaldi, di cui era grande ammiratore. Il 18 giugno del 1940 pronunciò il discorso forse più simbolico, quello in cui citò la Darkest Hour, l’ora più buia, alludendo alle circostanze della guerra, una frase che ha dato anche il titolo al film di qualche anno fa. Nell’immaginario collettivo Churchill è ancora un mito perché in fondo ha dimostrato che nell’ora più buia di una Nazione si può combattere e perdere, ma l’importante è avere il coraggio di non cedere e andare avanti. Un concetto è rimasto nel patrimonio genetico degli inglesi.