Venerdì 2 Agosto 2024

Voglia di rivincita

ATLETA E BLOGGER

"Cronista alle Olimpiadi? Faccio un blog sulle gare, ma io mi sento ancora atleta dentro e confesso di avere cullato il sogno di esserci sì a Parigi, ma per gareggiare". Andrew Howe ha compiuto 39 anni ma quella maglietta non se l’è ancora tolta del tutto e ha sperato davvero fino alla fine di potere rientrare in questo 2024 in pista e pedana per rincorrere il minimo olimpico.

Poi che cosa è successo Andrew?

"Un paio di problemini al polpaccio e qualche guaio tecnico mi hanno bloccato negli allenamenti e non mi hanno fatto tirare fuori tutto ciò che sentivo".

Però continua ad allenarsi sperando davvero di tornare a 40 anni?

"Ho un magnifico esempio in Fabrizio Donato, un grande triplista, che mi dà supporto; io continuo se mi diverto, ma diciamo che ho già qualche idea in cantiere".

Per chi lo fa, che cosa la spinge?

"La nascita di mia figlia Anna, venuta al mondo il 14 febbraio scorso; la mia fidanzata Ilaria che mi dice di onorare la carriera che ho avuto e di tentare fino alla fine di chiuderla al meglio".

Ma lei ci crede?

"Dico questo: quando agli Europei ho fatto le interviste in campo agli atleti per il pubblico dell’Olimpico, un collega mi ha detto: pensavo che tu corressi, che cosa ci fai col microfono?".

Adesso comunque sta seguendo le Olimpiadi: che cosa sono per lei?

"Uno spettacolo unico, una festa soprattutto per l’atletica, uno sport che finalmente è diventato popolare come merita".

Quelle di Tokyo sono state trionfali in casa azzurri proprio per il suo sport e soprattutto per due personaggi, Tamberi e Jacobs: che cosa li accomuna?

"La voglia, la spensieratezza, la perseveranza. Sono loro che mi ispirano e mi spingono ad allenarmi ancora. La loro capacità di sapersi riprendere e vincere tutto dopo essere caduti. Sono esempi che dobbiamo tenerci stretti. E che possono essere ancora d’oro".

Andrew, rimpianti da atleta ne ha?

"Avere indossato la maglia azzurra li ripaga tutti, certo poteva venire qualcosa di più, ma le metodologie di allenamento erano diverse e poi io mi sono sempre fatto male e questo ha impedito risultati migliori. Ma voglio smentire quello che molti dicevano: non è vero che non mi allenavo, anzi, lo facevo anche troppo".

Dal punto di vista tecnico si rimprovera qualcosa?

"Di non avere capito che ero più velocista che saltatore e quindi specializzandomi in pista avrei potuto ottenere qualcosa di più. Certo, nel salto in lungo ho fatto grandi risultati perché la rincorsa era fenomenale, però nello stacco mi è sempre mancato qualcosa sennò avrei fatto sempre 9 metri".

La gara che non dimenticherà mai?

"I campionati mondiali a Osaka nel 2007. Odio quella gara. Quando ho saltato pensavo di essere atterrato oltre gli 8,60, invece mi sono girato e quel maledetto tallone era a 8,47. Medaglia d’argento dietro Saladino che fece 8,57. Ma quell’oro doveva essere mio".

Forza Andrew, quell’oro lo vincerà fra i veterani...

"Non scherziamo nemmeno! Le competizioni master le lascio agli altri, io non mi sento un vecchio, farò qualche gara di società o qualche altro meeting, ma sempre al livello assoluto. Sennò che Howe sarei".