Martedì 12 Novembre 2024

Atomik, la prima vodka prodotta a Chernobyl

Un team di scienziati ha distillato una vodka non radioattiva, usando segale coltivata a Chernobyl e acqua della zona di alienazione

La vodka di Chernobyl - Foto: University of Portsmouth / port.ac.uk

La vodka di Chernobyl - Foto: University of Portsmouth / port.ac.uk

Avresti il coraggio di bere una vodka distillata con cereali coltivati a Chernobyl? Un team di scienziati inglesi e ucraini l'ha prodotta davvero, ribattezzandola con l'inevitabile e appropriato nome di Atomik. Ma niente paura: nonostante l'origine della materia prima, non è radioattiva.  

Il grano di Chernobyl

Il professor Jim Smith della University of Portsmouth conduce da tempo ricerche nel territorio intorno a Chernobyl. Negli ultimi tre anni ha portato avanti un progetto particolare in collaborazione con un team di ricercatori ucraini: hanno coltivato cereali all'interno della zona di alienazione, l'area proibita più prossima alla centrale (sebbene sia accessibile ai turisti nel corso di brevi tour organizzati). La segale è stata quindi sottoposta a distillazione tradizionale, utilizzando anche acqua estratta dalla falda che si trova in profondità sotto la città stessa di Chernobyl, priva di contaminazioni.  

La vodka è pericolosa o radioattiva?

I cereali mostravano un livello radioattivo leggermente superiore al limite di sicurezza. Tuttavia, il processo di distillazione è in grado di eliminare le impurità, e in questo caso anche le radiazioni: le analisi effettuate sulla vodka non ne hanno rilevato traccia. Si può quindi sorseggiare l'Atomik in perfetta sicurezza.  

Distillata a fin di bene

Della vodka di Chernobyl per ora esiste un unico esemplare, che il professor Smith definisce "la bottiglia di superalcolico più importante del mondo, perché può aiutare la ripresa economica delle comunità che vivono all'interno e intorno delle aree abbandonate". Dall'esperimento è nata l'impresa sociale Chernobyl Spirit Company, che punta a dare il via a una produzione di Atomik su piccola scala entro la fine dell'anno; il 75% dei proventi sarà destinato a supportare la popolazione locale. La segale non sarà però coltivata nella zona di alienazione, che è una riserva naturale protetta, ma nelle aree circostanti dove l'agricoltura è stata abbandonata. Leggi anche: - Fan di Star Trek, brindate con il vino di Jean-Luc Picard - Chernobyl, nuova serie tv. La storia diventa un thriller - Vino dall'Himalaya: piantati i primi vigneti del Bhutan