Roma ospita fino all’8 marzo l’arte visionaria di Jan Fabre, uno dei più grandi innovatori della scena contemporanea, con una mostra che, per la prima volta in Italia, raccoglie i due più recenti capitoli della sua produzione artistica: Songs of the Canaries (A Tribute to Emiel Fabre and Robert Stroud) e Songs of the Gypsies (A Tribute to Django Reinhardt and Django Gennaro Fabre).
Artista visivo, creatore teatrale e autore, capace di fondere tradizione artistica, filosofia, scienza e spiritualità in un unico personale universo creativo, Fabre porta alla ’Galleria Mucciaccia’ nella capitale un corpus di opere che attraversano l’essenza del pensiero umano, la fragilità della vita e il potere trasformativo dell’arte, ’giocando’ con la performatività dei materiali, per esplorare temi esistenziali, spirituali e scientifici attraverso un dialogo costante tra corpo, mente e materia.
Occasione per immergersi in un viaggio tra simbolismo, innovazione e intimità personale, in un percorso espositivo attraverso il quale Fabre continua a spingere i confini dell’arte reinventando antiche metafore per affrontare questioni contemporanee, la mostra è un’esplorazione del rapporto tra materia e spirito, forte di un uso innovativo di materiali come il marmo di Carrara, il Vantablack (la più nera versione esistente del nero) e i colori a matita e tempera. Il primo capitolo Songs of the Canaries (A Tribute to Emiel Fabre and Robert Stroud) è un tributo poetico alla fragilità della vita, all’inseguimento dei sogni e alla continua ricerca dell’umanità di comprendere il cielo. Fabre esplora queste tematiche attraverso un’installazione composta da opere meticolosamente scolpite in marmo di Carrara e intimi, sorprendenti disegni a matite colorate su Vantablack.
Al centro di questa prima sezione espositiva che si trova la scultura monumentale The Man Who Measures His Own Planet. Il secondo capitolo, Songs of the Gypsies (A Tribute to Django Reinhardt and Django Gennaro Fabre), mescola il jazz e l’arte con la vita personale dell’artista, per esplorare la relazione tra fragilità e creazione in opere sorprendenti che uniscono tradizione iconografica e innovazione contemporanea. Il cuore dell’installazione è costituito da tre grandi sculture di marmo di Carrara (nella foto grande The Partisan (of Art) realizzata da Pierluigi Di Pietro) in cui Fabre raffigura un neonato fuori scala, suo figlio all’età di 5 mesi e mezzo, ma alto come il padre.
Questa seconda sezione della mostra inizia infatti con una nota personale: Fabre ha chiamato il suo primogenito Django Gennaro, dove Django si riferisce a Django Reinhardt, virtuoso chitarrista gypsy jazz belga, acclamato da musicisti di tutti i generi come geniale e innovativo. Reinhardt era riuscito a eccellere e a inventare un genere musicale personale partendo da un grande svantaggio: una grave menomazione alla mano sinistra dovuta a un incidente da ragazzo. Jan Fabre ha scelto di omaggiare queste due importanti figure nella sua vita, fonti di ispirazione per la sua arte.