Giovedì 21 Novembre 2024
RITA BARTOLOMEI
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Magazine

Vespa velutina (o calabrone asiatico), l’apicoltore: “Un flagello alieno, ecco come difendersi”. La mappa dell’espansione

Zagni (Le api di Airole): “In Liguria siamo disperati. Con gli enti di ricerca ho brevettato un sistema che metto a disposizione. Ormai è arrivata in tutta Europa. E non rischiano solo gli alveari”

Savona, 24 gennaio 2024 – La Vespa velutina - o calabrone asiatico -, è un predatore alieno che minaccia sempre più la vita delle api e degli insetti. Dall’Italia all’Europa.

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Fabrizio Zagni, tecnico apistico dell’associazione Apiliguria e apicoltore  (‘Le api di Airole’, siamo al confine con la Francia) lo ha capito quando ancora l’allarme era all’inizio, ormai diversi anni fa. E proprio per questa dedizione, ha sperimentato con gli enti di ricerca – dal CREA-AA di Bologna all’università di Firenze e Pisa – “il Metodo-Z, di lotta e contrasto, dai test risulta avere un grande successo ma ancora deve essere autorizzato. Servono investimenti importanti per compiere questo passaggio. Ho brevettato il sistema e lo metto a disposizione di chi voglia svilupparlo. Speriamo in un’attenzione della politica e dell’imprenditoria. Gli apicoltori lo aspettano” (a questo link tutte le info). 

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A questo link tutte le info scientifiche

Vespa velutina, è allarme in tutta Europa

Premette Zagni: “La Vespa velutina, è bene ribadirlo, non è un patogeno delle api o un predatore autoctono ma è stata importata. Come tutte le specie aliene, provoca grandi squilibri perché non trova ostacoli”. Per questo il calabrone asiatico “sta creando enormi problemi in tutta Europa. Ha invaso Francia, Spagna, Portogallo, Olanda, Germania, Inghilterra, in Italia si sta espandendo a un ritmo molto veloce.  In Liguria, nella parte di Ponente dove è arrivata, siamo disperati. Gli apicoltori perdono intere colonie, provano a ricostruirle ma è sempre una battaglia durissima. Tanti hanno smesso di allevare le api perché hanno perso tutto”.

Come agiscono le Vespe velutine?

Le Vespe velutine “assediano le api, per catturarle e mangiarle. Riescono a volare come elicotteri”. In altre parole: una vera azione militare. “Sì, si appostano davanti agli alveari e da luglio a novembre non fanno più uscire le api. Che si paralizzano e non arrivano a passare l’inverno proprio perché sono sfinite e con poche risorse. E fanno un grande danno anche agli insetti”.

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Come ci si difende?

“Abbiamo messo a punto un metodo che non prevede la costosa ed infruttuosa fase di ricerca delle migliaia di nidi presenti sul territorio – spiega l’apicoltore -. Il Metodo-Z  punta invece su una lotta integrata che si basa sul comportamento delle vespe, le uniche che conoscono la posizione dei nidi e le uniche capaci di importare “inconsapevolmente” una molecola che può neutralizzare il nido. Il problema principale è come manipolare le vespe e come usare in maniera sostenibile un biocida potenzialmente pericoloso. Questi 9 anni sono serviti per ideare, realizzare e testare il Metodo-Z basato su un dispositivo capace di catturare e processare alcune vespe con una microdose di biocida (dosata e somministrata appunto dai dispositivi dedicati). Le vespe, quindi, vengono rilasciate e non uccise. Non muoiono, ed essendo stressate dal procedimento, tornano direttamente nei nidi come è stato possibile osservare durante i test. E lì distribuiscono questa molecola anche alle altre. Alla fine muoiono tutti gli adulti, il nido non può più fare danni”.

Il Metodo-Z, cosa serve

L’apicoltore lancia un appello. “Nonostante il lavoro svolto e l’autorizzazione ottenuta per scopi scientifici il Metodo-Z non è ancora disponibile per gli apicoltori perché non è autorizzato. Servono investimenti importanti per compiere questo passaggio. Ho brevettato il Metodo-Z anche per poterlo testare insieme agli istituti di ricerca, per essere sicuro che funzionasse e che non fosse pericoloso, ora che i risultati sul campo sono chiari e definitivi lo metto a disposizione per chi voglia svilupparlo. Speriamo in un’attenzione della politica e dell’imprenditoria. Gli apicoltori lo aspettano con ansia e purtroppo con disperazione”.

I nidi delle Vespe velutine: cosa sapere

Tra gli ultimi ritrovamenti segnalati sul sito Stopvelutina – che vede insieme apicoltori ed enti di ricerca – c’è un caso a Budrio (alle porte di Bologna).  “I nidi – chiarisce Zagni – sono praticamente introvabili. La scienza ha dimostrato che in un territorio assediato dalla Vespa velutina ce ne possono essere anche 10-15 a chilometro quadrato, anche 70 dunque attorno a un singolo apicoltore. La ricerca dei nidi e la loro distruzione qui da noi è ormai una lotta insostenibile”. 

Nidi introvabili perché, chiarisce Zagni, “spesso si nascondono nelle chiome degli alberi. Oppure nei sottotetti, nei muri, dappertutto. Hanno un andamento stagionale, d’inverno vengono poi abbandonati, hanno ormai svolto la loro funzione di allevare le regine che si ibernano in balle di fieno o in posti riparati”. Quindi i nidi che vediamo in questa stagione “sono vuoti. Distruggerli con sistemi tradizionali vuol dire iniettare veleno attraverso delle aste. Ma il problema è che quelli trovati saranno il 20-30% degli esistenti. Gli altri sono nascosti”.